Un inedito principe di Danimarca, sempre dubbioso, problematico, ma ricreato nei soliloqui di un galeotto dalla carnale parlata ragusana è andato in scena al Teatro Musco di Catania dal 25 al 27 aprile scorso. Si tratta di “Libero Amleto – Tinturìa ‘u to nomu è fimmina”, tragicommedia in dialetto siciliano, scritta e interpretata da Rosario Minardi, che propone una innovativa lettura “liberamente” tratta dal capolavoro di William Shakespeare del quale quest’anno si celebra il 450° anniversario. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro degli Specchi diretto da Marco Tringali, è stato inserito nel “L’isola del teatro” dello Stabile di Catania. La regia di Carlo Ferreri.
All’interno della cella da carcerato il protagonista della storia ha portato in scena i vari personaggi sublimando l’irreversibilità della follia in un allucinato soliloquio, il testo gli darà la forza per sopravvivere e per non impazzire.
Amleto sfoglia e contemporaneamente rivive le pagine della tragedia cercando di vincere la follia attraverso il “gioco” del teatro. Nel cercare “vie d’uscita” dalla quotidianità della sua prigione, trova “vie d’entrata” anche rispetto a se stesso. Da quella gabbia, che non è solo fisica, vuole fuggire, scavare, vivere, vendicarsi. Ed è proprio la vendetta il punto in comune tra il detenuto e Amleto, e nel nome di essa i due personaggi stringono un patto per ricreare “la vita della vita”. Il racconto shakespeariano perde in questa versione la sua natura corale e narrativa e trova invece nella forma del monologo la sua ragione d’essere».
Si tratta di un’operazione sperimentale che, partendo da uno dei copioni più conosciuti della letteratura teatrale di tutti i tempi, cerca di creare un racconto totalmente nuovo basandosi su due uniche linee guida: l’essenzialità e il linguaggio. Il pubblico ha compreso e gradito.
«Tradurre l’Amleto in siciliano – sottolinea ha detto il regista Carlo Ferreri – mette in luce un procedimento di deterritorializzazione della lingua e favorisce la messa in scena di quel potere della rappresentazione che stabilisce il “politicamente corretto” della società dello spettacolo. Ricostruzione che propone inaspettate soluzioni interpretative come il trasformismo dell’attore alle prese con tutti i personaggi. “Libero Amleto” vuole attentare a quell’insieme di pratiche, tradizioni, significati che molta drammaturgia di regime ha proposto sul testo di Shakespeare ingabbiandolo. Per sviluppare questo percorso di scrittura scenica non serve un attore ordinario ma una macchina attoriale “extraordinaria” come Saro Minardi che non si è limitato ad eseguire compiti ma a solcare la scena con autorialità e generosità veramente rare nella mia esperienza registica».