La triste vicenda della cartiera Siace di Fiumefreddo continua anche se nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Catania ha concluso le indagini in merito all’amianto, al cemento e ad altri rifiuti tossici pericolosissimi che a quanto pare non sarebbero stati smaltiti secondo le regole previste dalla legge.
Secondo i magistrati catanesi, la ditta che nel 2010 aveva vinto l’appalto della Provincia Regionale di Catania, che ammontava a circa 300 mila euro, avrebbe seppellito i rifiuti pericolosi. I reati ipotizzati sono dunque frode in pubblica fornitura, truffa e violazione della legge sullo smaltimento dei rifiuti. La storia della Siace è molto complessa e si protrae ormai da diversi anni.
Fu fondata nel 1964 da Michele Sindona (il banchiere messinese coinvolto nelle vicende più torbide della storia italiana e ucciso nel 1986 nel carcere di Voghera con un caffè al cianuro di potassio), rimase attiva per oltre 20 anni e fallì nel 1987. Il sito venne quindi progressivamente abbandonato e per un lungo periodo fu utilizzato come parcheggio per le auto dei bagnanti che si recavano nella vicina spiaggia di Fiumefreddo, peraltro insignita della Bandiera Blu di Legambiente.
L’ex stabilimento Siace fu acquistato nel 2000 dalla Provincia regionale di Catania, allora guidata da Nello Musumeci, per un importo complessivo di oltre 17 miliardi di lire (accendendo un muto quinquennale con il 5% di interessi) con un abbuono di 4 miliardi di lire per provvedere allo smaltimento della quantità di amianto e di altri rifiuti pericolosi. L’idea era quella di creare un parco divertimenti che sarebbe dovuto diventare il più grande del Sud, secondo in Italia solo a Gardaland. Furono spesi 250 milioni di lire per elaborare un progetto. Alla fine non si fece nulla. Rimasero solo degrado, abbandono e rifiuti pericolosi. Una storia di inchieste, bonifiche, sequestri e polemiche che purtroppo non si è ancora conclusa.