Dopo alcuni anni di assenza dalla scena catanese Franco Battiato torna finalmente ad esibirsi nella sua città.
Un ritorno un po’ a sorpresa, in una veste alquanto inedita, giusto per non smentire la fama di instancabile sperimentatore che da sempre lo accompagna. Il concerto, andato in scena martedì 27 maggio in un affollato Metropolitan, si inserisce all’interno di una rassegna pensata dallo stesso Battiato: “La natura della mente”, una settimana di concerti e incontri per mettere insieme musica, fisica quantistica e spiritualità.
Diwan è il progetto. Due culture a confronto, dieci artisti sul palco ad affiancare il Maestro, cinque medio orientali e cinque occidentali, tra i quali alcuni amici di vecchia data come Nabil Salameh, dei Radiodervish, ed Etta Scollo. Due splendide voci, a rappresentare la simbiotica unione di oriente e occidente in una sola grande anima mediterranea, che affiancheranno per l’intera performance, alternandosi sul palco o in ensamble, un Battiato che appare in forma smagliante, comunicativo e munito della sua dose di immancabile ironia. Protagonisti della serata molti pezzi vecchi e nuovi del repertorio del Maestro, riarrangiati per l’occasione in chiave etno-world, attraverso un viaggio che porta dritto al cuore delle terre mediorientali.
Immancabili brani come “Strade dell’est”, “Veni l’autunnu”, “Stranizza d’amuri”, “L’ombra della luce” e le più recenti “Aurora” e “Niente è come sembra”. Arriva poi anche la suggestiva “Lontano”, brano dei Radiodervish cestinato a Sanremo, su cui il Maestro non si risparmia in dosi d’ironia al vetriolo rivolte alla giuria selezionatrice. Sul finire giungono poi gli inevitabili tormentoni come “Voglio vederti danzare” e “L’era del cinghiale bianco”, di cui bastano le prime note perché il pubblico si scateni alzandosi dalle poltrone e improvvisando piccole danze sul posto. Il concerto volge al termine, ma non prima di un implorato bis che concede un’esecuzione da brivido, per sola voce e tastiere, de “La cura” e di “Prospettiva Nievsky”. Bentornato Franco.
Marco Salanitri