«O tempora, o mores!», esclamò un giorno di più di 2.000 anni fa, Marco Tullio Cicerone, parlando contro Lucio Sergio Catilina. Erano le famose catilinarie ed è probabile che qualcuno (visto la grande ignoranza diffusa) sappia come sia andata a finire la storia che in realtà, in questo caso, ha ben poca importanza. Quello che importa è che questa volta c’è veramente da gridare «Che tempi, che costumi». In effetti, una volta quando si parlava della storia e della tradizione di una famiglia nella maggior parte dei casi ci si riferiva a un casato nobiliare oppure alle gesta nobili di un antenato. Il mondo è veramente cambiato visto che in questi giorni la Procura della Repubblica di Palermo, nell’ambito dell’inchiesta “Apocalisse”, ha registrato frasi del tipo «la mia famiglia è più mafiosa della tua», «noi siamo mafiosi da più di 100 anni», «i delitti che abbiamo commesso noi voi ve lo sognate».
Ecco cosa scrive Riccardo Lo Verso nel suo ottimo articolo su LiveSicilia: «Di Maio e Palazzotto temevano che qualcuno, in particolare Giovanni Vitale, pure lui arrestato, potesse storcere il naso sul loro inserimento nella nuova mafia. E i due perdevano le staffe: “Perché poi per il resto forse neanche sono degni loro di controllarli i nostri stati di famiglia… no forse… sicuro!… neanche sono degni.
E Palazzotto aggiungeva: “…qualche volta ti faccio vedere i libri… la mia famiglia è nei libri… nei libri di mafia… noi è da cento anni che siamo mafiosi…”. Poi tirava in ballo uno zio del padre, Paolo Palazzotto, morto nel 1958. E le sue parole scrivono una pagina di storia. Sarebbe stato lo zio, infatti, su ordine di Vito Cascio Ferro, ad ammazzare Petrosino: “… il centenario stiamo facendo… lo zio di mio padre si chiamava Paolo Palazzotto… ha fatto un omicidio… il primo omicidio… del primo poliziotto ucciso… a Palermo… lo ha ammazzato mio zio… lo zio di mio padre… È sceso dall’America questo per indagare… allora lo ammazzò lui per conto di Cascio Ferro”».
Meglio di così non si poteva descrivere per fare comprendere in che sorta di baratro rischiamo di finire tutti per non cambiamo registro e cominciamo a pensare che le gesta dei Placido Rizzotto, dei Pino Puglisi, dei Mauro Rostagno, dei Carlo Alberto Dalla Chiesa, dei Giovanni Falcone, dei Paolo Borsellino e degli altri che sono disgraziatamente (o fortunatamente) troppi per essere citati tutti, siano stati fatti dai nostri parenti, dai membri della nostra famiglia, della grande famiglia dei siciliani onesti.