Le polemiche sul Porto di Catania non cessano, anzi aumentano di giorno in giorno visto che la gestione commissariale non accenna a concludersi. Dopo le presidenze di Cosimo Indaco e Santo Castiglione, la prima dal 1994 al 2014, si sono susseguiti due commissari: Cosimo Aiello, dall’agosto 2012 al febbraio 2014, e Giuseppe Alati dal marzo scorso.
LA CORTE DEI CONTI
Nella Determinazione n. 41/2014 della Corte dei Conti dell’8 maggio 2014 si legge, come incipit, che l’Autorità portuale di Catania è stata istituita dall’art. 6 della legge 28 gennaio 1994, n. 84. Quale ente di nuova istituzione, a differenza di altre Autorità derivate dalla soppressione di un preesistente ente portuale o azienda autonoma, ha assunto tutte le funzioni che la legge ha demandato alla sua competenza, senza rilevare alcuna precedente struttura, sia organizzativo gestionale che economico finanziaria. La legge, è opportuno ricordare, ha quindi attuato per il porto di Catania, un decentramento istituzionale, con il conseguente trasferimento delle competenze di gestione del demanio marittimo dalla competente amministrazione marittima dello Stato ad un apposito ente pubblico non economico.
La relazione non mostra punti di accesa critica alla gestione del Porto ma, al di là della mera analisi dei conti, si evince che la gestione del Porto non sia stata ottimale. Nella prima parte, quella legata ai presidenti si rimprovera la mancata attenzione contabile mentre ai commissari l’incapacità di elaborare progetti di sviluppo.
Si concludono così le 67 pagine del documento contabile: «L’intelligibilità dei conti, la trasparenza delle procedure e il rispetto delle regole sembrano aver rappresentato la base da cui ha preso le mosse la gestione commissariale che si è caratterizzata per aver conferito nuovi stimoli ed impulsi tesi anche al perfezionamento dell’iter relativo al nuovo piano regolatore portuale.
«Il 2012, sotto diversi aspetti, segna un cambiamento positivo ed in primis, per quanto di interesse in questa sede, con riferimento ai risultati contabili, sia finanziari sia economici/patrimoniali in cui, da alcuni elementi, quali anche la scelta di non provvedere all’accantonamento di somme (fondo rischi ed oneri) in mancanza dei necessari presupposti giuridici, emerge il crescente interesse al rispetto delle regole e dei limiti esterni posti all’attività decisionale al fine di assicurarne la correttezza, esigenza sicuramente da tempo avvertita ma indubbiamente condizionata da diversi fattori tra cui un ruolo essenziale ha giocato, e continua sotto certi aspetti a giocare, la mancanza di iniziative – per le quali si ritiene debbano farsi promotori tutti i soggetti istituzionalmente competenti, ciascuno per la propria parte – dirette a risolvere con immediatezza situazioni problematiche impedendo che si trascinino assumendo dimensioni sempre più vaste e per alcuni versi gravi, situazioni problematiche caratterizzate quantomeno da scarsissima chiarezza.
«In quest’ambito non possono non rientrare le questioni connesse alla realizzazione degli interventi infrastrutturali, le questioni riguardanti le irregolari occupazioni di aree demaniali e le disfunzioni nell’attività di riscossione dei canoni, ma anche, è il caso di aggiungere, le problematiche attinenti all’esigenza di maggiore contezza del traffico portuale, nelle sue diverse tipologie».
LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA DARSENA
Si tratta dell’ultima questione, e forse la più lieve, in ordine di tempo. Nel corso degli anni le polemiche sono spesso state furiose.
Ad esempio, in data 6 febbraio 2014 i senatori Bertorotta, Bocchino, Cappelletti, Catalfo, Cioffi, Cotti, Donno, Giarrusso, Scibona e Serra hanno chiesto «Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti, per la Coesione territoriale, della Giustizia e dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare appalto della nuova e costosissima “darsena traghetti”, da 100 milioni di euro, che non solo comporta l’abusiva deviazione della foce del torrente Acquicella, ma anche enormi sbancamenti della spiaggia, costosissimi e destinati ad una perpetua manutenzione essendo prevedibile, e in parte previsto, il reinterramento naturale, determinato dalla natura stessa dei fondali. Il tutto accade, quindi, in violazione del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 431 del 1985, e privo di VIA e VAS, nonché del preventivo e prescritto assenso del Consiglio comunale e perfino della prescritta compatibilità con il vigente piano regolatore generale di Catania, quindi in dispregio della legge n. 84 del 1994… ».
Un’interrogazione che, a quanto pare, non ha convinto il sindaco Enzo Bianco che alcuni giorni fa ha chiesto “di sbloccare la situazione di paralisi venutasi a creare nel Porto di Catania dove, per inadempienza delle banca che si è aggiudicato con un bando pubblico il mutuo per il finanziamento con l’Autorità portuale dell’opera, i lavori per la realizzazione della Darsena sono stati rallentati fin quasi a fermarsi.
«Ho parlato – ha dichiarato Bianco – con il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta e anche con i rappresentanti del Ministero per le infrastrutture perché facciano pressioni sulla Banca facendole tenere fede agli impegni assunti. Qualora non fosse possibile riattivare il mutuo bancario, ho chiesto di trovare delle formule che consentano il pagamento delle spettanze per far ripartire i lavori: Catania non può davvero permettersi di perdere un solo giorno nella realizzazione di quest’opera strategica. Questi ritardi ci preoccupano moltissimo».
«Una volta realizzata – ha aggiunto il sindaco – quella di Catania sarà una delle darsene commerciali più grandi del Meridione, e, con l’Interporto, consentirà di liberare il nostro Porto da container e autotreni per esaltare la sua vocazione turistica dando spazio agli approdi per navi da crociera e yacht. L’operazione, inoltre, consentirà lo spostamento dell’area doganale nella zona sud. Tutto ciò, con la sua apertura alla città, consentirà di far diventare il Porto finalmente centrale nella vita di Catania».
Adesso, darsena o non darsena, si dovrà nominare il nuovo presidente. Si discute in questi giorni se la nuova legge individuerà una sola Autorità Portale per l’intera Sicilia, o una solo per la costa orientale (Messina, Catania, Augusta e Siracusa), oppure tutto rimarrà come nel passato.
LA RABBIA DEI VERDI
E proprio il ritorno al passato che temono i Verdi catanesi che, a firma del loro coordinatore cittadino, Maurizio Musmeci, hanno diffuso il seguente comunicato stampa: «Da notizie di stampa risulta che il Comune di Catania avrebbe indicato il nuovo presidente dell’Autorità portuale senza assolutamente coinvolgere la città. Auspichiamo una chiara smentita da parte del sindaco Bianco. Se confermata la notizia infatti sarebbe gravissima per diversi motivi: Innanzitutto perché i cittadini hanno diritto di essere informati e coinvolti su un argomento così importante per tutta Catania. Da troppi anni il porto sembra un fortino ad uso e consumo di pochi e senza alcun coinvolgimento dei catanesi nella sua gestione. La nomina se confermata è stata fatta senza alcun dibattito con la città, senza alcuna giustificazione, senza che il curriculum dei candidati fosse diffuso pubblicamente. Una vergogna che sarebbe degna dei tempi passati, non di una Giunta che punta alla trasparenza e all’apertura alla città. In secondo luogo perché il nome indicato sembra essere quello di Cosimo Indaco, già presidente dell’autorità portuale. Non entriamo nel merito del nome scelto e delle sue competenze, ma essendo lo stesso fortemente interessato, in qualità di spedizioniere, all’attività commerciale del porto stesso ci sembra esista un evidente conflitto di interessi. L’art. 6.6 della legge 28.1.94 n. 84 riporta che le Autorità portuali non possono esercitare, né direttamente né tramite la partecipazione di società, operazioni portuali ed attività ad esse strettamente connesse. Come può allora farlo il Presidente dell’autorità portuale? Il sindaco ed il Consiglio comunale continuano a non dire con chiarezza cosa vogliono diventi in futuro il porto di Catania. Noi verdi riteniamo che per le sue caratteristiche, il suo posizionamento dentro il centro storico di Catania, si dovrebbe puntare sulla promozione del turismo come volàno allo sviluppo dell’economia e del commercio nel centro cittadino, prevedendo lo spostamento ad Augusta del traffico commerciale. Se le notizie di stampa fossero confermate vorrebbe dire che il Comune di Catania ha scelto di non cambiare nulla e lasciare per sempre Catania scippata del suo mare e del suo porto. Se la notizia fosse falsa, come auspichiamo, necessita una immediata smentita da parte dell’amministrazione comunale, diversamente, se l’indicazione è stata veramente effettuata all’insaputa e a dispetto di tutta la città, saremmo di fronte ad un pessimo esempio di vecchia, vecchissima politica che speravamo di avere lasciato alle spalle e che non farebbe per nulla onore alla giunta Bianco».
Intanto il Porto di Catania attende il suo Piano Regolatore Portuale (l’ultimo è del 1978) che dovrebbe coniugarsi al Piano Regolatore Generale della città (l’ultimo è del 1968).