I nuovi piani del Governo Renzi minacciano il sistema camerale italiano. Un decreto che dovrebbe trasformarsi in legge ad agosto prevede infatti che dal 2015 vengano dimezzati i diritti camerali, cioè le spese annuali sostenute dalle imprese iscritte alle Camere di commercio. I “diritti” sono l’unica fonte di finanziamento degli enti, che dovranno fare le stesse cose con una disponibilità dimezzata. Ma in Sicilia la situazione si complica, perché le Camere pagano le pensioni dei dipendenti con le proprie finanze.
Non è un caso che anche enti economicamente sani e molto produttivi come quello di Catania (e lo dimostrano i bilanci e le iniziative che la Camera etnea ha fatto conoscere in questi anni ai cittadini) siano già impossibilitati a fare programmazione per le attività dei mesi prossimi: dall’internazionalizzazione all’aiuto alla startup.
“Una situazione incresciosa per le imprese che seguiamo, che a fronte di un risparmio di sole 50 euro all’anno, in media, si troveranno sprovviste di un prezioso alleato. Ci sarebbe da chiedersi come mai il Governo non abbia abolito il pagamento della tassa (€ 168,00) di concessione governativa e l’imposta di bollo (€ 17,50/65,00) a carico delle imprese. Per tutte le richieste di iscrizione, l’importo versato dalle imprese a favore dello Stato ammonta a circa 2 milioni di euro – sottolinea il segretario generale della Camera di Commercio, Alfio Pagliaro – ne andrà di mezzo il territorio stesso e forse anche il destino di molti dipendenti”.
Non fa una grinza il discorso del segretario Alfio Pagliaro anche se non va dimenticato che le imprese sono quelle che – più di tutti – stanno subendo l’incremento della pressione fiscale. Sotto forma di tasse dirette o indirette. Se quindi un decreto introduce la possibilità di far risparmiare qualche euro al tessuto aziendale che, in tutta Italia e a Catania sono soprattutto, è costituito da piccolissime imprese, che ben venga. Una considerazione questa che dovrebbe accoppiarsi allo stato di fatto in cui la Camera di Commercio vive da anni. Commissariata da due anni e mezzo con una situazione di guerra armata tra le sigle sindacali che dovrebbero rappresentarla e che tutt’ora la costringono a rimanere senza testa, cioè senza alcuna dirigenza. E sono Confcommercio e Confindustria a capo dei due schieramenti. Situazione davanti alla quale la Camera di Commercio non ha mosso un dito né ha sollecitato un qualunque incontro con la stampa. In silenzio anche la Regione Sicilia che dal 25 maggio scorso avrebbe dovuto convocare il Consiglio camerale alla luce delle nomine di sostituzione dei 12
dimissionari appartenenti alla cordata di Confcommercio. E invece silenzio assoluto da tutti.
Dott. Pagliaro, due anni e mezzo di commissariamento non hanno influito nella gestione della Camera e nei servizi che la stessa dovrebbe dare alle imprese?
“Avere una Camera acefala e senza gli organi ordinari ha influito pesantemente nei confronti di tutto questo anche nei confronti di un soggetto che, conoscendo il territorio, può mettere in atto le strategie migliori per promuovere l’economia locale. Questa litigiosità ha influito e influisce su quello che sta accadendo adesso”.
Avete fatto un sollecito alla Regione per far convocare il Consiglio?
“In effetti la Camera ha già il suo consiglio che però non può funzionare visto che oltre un terzo si è dimissionario. La decisione spetta alla Regione e al Governatore Crocetta e non so perché non hanno ancora provveduto alla nomina dei sostituti”.
Monica Adorno