Enzo Bianco e Filippo Drago, rispettivamente sindaci di Catania e di Aci Castello, in un incontro che si è svolto nella sede municipale del comune marittimo, hanno posto le basi per la creazione della Città Metropolitana di Catania. Secondo Filippo Drago si tratta della «più grande opportunità che ci si presenta, giochi politici che superano l’interesse generale vorrebbero frammentare l’ex provincia in tanti, piccoli, liberi consorzi, privi della capacità di incidere».
Nel corso dell’incontro, Enzo Bianco ha riferito di volere proporre all’Ars di recepire la legge Delrio e spiega che quella etnea sarebbe la settima Città metropolitana del Paese, con un grande potere contrattuale.
Un progetto da integrare con quello del Distretto della Sicilia sud orientale. Dunque, recepire la normativa nazionale sulle province con una legge di un solo articolo per una Città metropolitana che funga da coordinamento per lo sviluppo del territorio e in cui i singoli Comuni mantengano ogni loro prerogativa.
«Sono egoista per la mia comunità – ha detto Drago – voglio il meglio per Aci Castello. Egoisticamente, la Città metropolitana è la più grande opportunità che ci si presenta. Bisogna saper guardare, con razionalità, al futuro, a un modello di sviluppo comune, senza il quale i soldi pubblici finiscono con l’esser spesi poco e male». Eppure un mesetto prima della riconferma a sindaco la giunta del comune castellese aveva proposto al Consiglio comunale (che non passò) una delibera di giunta per staccarsi dall’area metropolitana di Catania.
Drago e Bianco, ricostruendo l’iter della legge regionale, hanno sottolineato come l’idea di cancellare i Comuni dell’area metropolitana fosse un errore, convenendo però sul fatto che già oggi tra Catania, Aci Castello e altri comuni non vi sia quasi soluzione di continuità.
La città metropolitana, insomma, esiste già, ed è, ha detto Bianco «Quella zona luminosissima ritratta dall’astronauta Luca Parmitano quando, dallo spazio, fotografò la sua e la nostra Sicilia».
Drago e Bianco hanno insistito sul fatto che favorendo la partenza della Città metropolitana, si sta lavorando «per le comunità e non per i colori politici». E tutto va inserito in un progetto più ampio che è quello del Distretto della Sicilia sudorientale, da allargare fino a Taormina e Piazza Armerina.
La legge regionale, è stato detto, non è sbagliata ma incompleta, perché alle affermazioni di principio, deve seguire la parte operativa. Da qui la proposta di recepire la legge Delrio che istituisce le Città metropolitane nazionali facendole coincidere con il territorio delle ex province per evitare frammentazioni. Dieci di queste Città metropolitane del resto d’Italia, tra l’altro, grazie alla normativa nazionale, saranno operative già entro il mese di ottobre.
Bianco ha spiegato come la Città metropolitana di Catania potrebbe essere una grande area con più di un milione e 70 mila abitanti, la settima del Paese, con un potere contrattuale elevatissimo, dunque, e con finanziamenti importanti.
L’Europa ha infatti destinato per le Città metropolitane somme rilevanti: il 5% dei fonti aggiuntivi. Si occuperebbe della governance di servizi comuni: trasporti, ambiente, marketing territoriale, sviluppo economico, grandi infrastrutture. Mentre le competenze dei singoli Comuni, come Acicastello e Catania, rimarrebbero intatte.
«Durante l’incontro con il ministro Lupi – ha sottolineato il sindaco di Catania – mi sono comportato come fossi il rappresentante di questa grande comunità. Perché l’aeroporto, il porto, le ferrovie, interessano aree ben più vaste che la sola Catania».