Lo scontro in atto tra comune di Catania e Confcommercio si sposta sul piano dei numeri. Una controversia paradossale, quindi, poiché apparentemente sui numeri non ci può essere discussione. Ma in questo caso sì. La questione riguarda l’apertura e la chiusura di imprese commerciali. Contesta l’assessore «Il direttore Strano parla di 9.162 imprese morte in due anni, ma scorda di dire che, secondo i dati Movimprese, le iscrizioni sono state superiori: nel 2013, 925 in più. E nella classifica italiana Catania è decima nel primo trimestre 2014».
In realtà, negli ultimi sette anni i dati che riguardano le imprese commerciali a Catania sono negativi. Solo nel 2013 si è registrato un +0,48%, corrispondente a circa 500 nuovi negozi. Un dato inequivocabile che indica come l’economia reale si trovi in un fortissimo stato di sofferenza. Anche la crescita delle Partite Iva non è un segnale del tutto positivo; ad aprirle, infatti, sono ex dipendenti che per continuare a lavorare aprono microimprese. L’unico aspetto positivo di questo dato è la dimostrazione che esiste ancora una dinamicità e la forza di tentare una reazione. Per quel che riguarda artigiani e lavoratori dell’edilizia, il calo è costante. Una situazione difficile per molte ragioni, alcune delle quali sono la mancanza di fiducia, la banche che non prestano denaro, l’economia non gira. Numeri alla mano, e certamente non è colpa della chiusura al traffico del Lungomare e della rotatoria di via Gabriele D’Annunzio, al 31 dicembre 2013 c’erano a Catania 80.743 imprese attive di tutti i settori a fronte delle 81.039 dell’anno precedente. Dato peggiore, il -2,22% del settore artigiano.
Un dialogo, quindi, tra il comune e Confcommercio che stenta a partire ma che comincia un primo balbettio grazie alla posizione del presidente dei commercianti catanesi Riccardo Galimberti che riscuote il plauso degli assessori alle Attività produttive Angela Mazzola e alla Viabilità Rosario D’Agata.
«C’è sì – spiegano i due assessori – quella disponibilità costruttiva del Presidente provinciale, ma ce ne sono anche altre purtroppo che finora si sono dimostrate meno collaborative. C’è infatti la vecchia anima della doppia fila che si ostina a definire un flop il nuovo piano viario di corso delle Province sul quale molti ci invitano a resistere a oltranza contro le prevaricazioni. È l’anima di chi parla di dialogo ma vorrebbe soltanto che l’Amministrazione accettasse passivamente i diktat di un’unica categoria».
«Poi – continua la nota – ci sono quelli che prima si definiscono favorevoli alla chiusura del lungomare e dopo puntualizzano: chiusura sì ma con apertura al traffico di una corsia, ‘senza dimenticare i ciclisti’. Come se a riappropriarsi del lungomare non sia l’intera città, non migliaia di famiglie che vengono a passeggiare per sei ore al mese, bensì uno sparuto gruppetto di ciclisti, snob e ambientalisti. Ci sono anche coloro che danno numeri in libertà senza pensare di poter essere clamorosamente smentiti: affermare che esiste un calo del 90% delle presenze domenicali al Lungomare, con migliaia e migliaia di catanesi presenti, fa sorridere. Insomma vogliamo discutere, ma solo con chi ha un atteggiamento costruttivo e non con chi continua ad alzare i toni».
«Al presidente Galimberti che ci invita al dialogo – concludono Mazzola e D’Agata – rispondiamo di non avere, oggi come in passato, alcuna preclusione al confronto. Certo, nell’interesse di Catania e dei Catanesi, non siamo disposti ad accettare imposizioni di alcun tipo, né dai commercianti come da qualunque altra categoria. Nonostante alcune francamente esagerate ed ingiustificate provocazioni continuiamo a essere pronti, e lo faremo già da domani, a sederci con i commercianti per trovare insieme soluzioni condivise e migliorative, non per cancellare progetti che riteniamo positivi per la città, ma per renderli più efficaci per tutti».