I Da Black Jezus sono in due e arrivano dall’ennese (Troina), Luca Impellizzeri (voce, liriche, chitarra, beats) e Ivano Amata (chitarre, xilofono). “Don’t mean a thing” è la loro opera prima, sei pezzi per poco più di venti minuti di materia sonora ma già sufficienti a far capire che il giovane duo ennese non scherza affatto. Difficilmente infatti in una prova d’esordio si riscontra una tale dose di maturità, consapevolezza e virtuosismo offerti con tale spontaneità da sembrare innati. E così Da Black Jezus inanella per l’occasione sei piccole gemme d’ispiratissimo folk-soul-blues, sei microcosmi atmosferici contrappuntati da minimalismi electro e soprattutto dall’incredibile voce di Impellizzeri che, più che del virtuoso ha il piglio del fluoriclasse. Duttile ed eterea, calda e scura, quasi nera, regala un flusso continuo di emozioni dal dispiegarsi della prima nota fino all’ultima.
La titletrack apre le danze come meglio non si può: un’ipnotica ballata folk-soul-trip-hop cadenzata da accennati beat electro, con dentro le più svariate influenze, da Fink a Michael Jackson, da Jeff Buckley a Ben Harper. “Call you mine” e “I’ll be dry” proseguono in modalità mesmerica sviluppando il loro mood sull’avvolgente intreccio di trame d’arpeggio su cui Impellizzeri dona il meglio del suo songwriting; notevole in “I’ll be dry” il tocco noir dato dalla lead guitar che suona come un piano. Affiora l’anima più black del duo in “It’s a long way baby” che travolge in suadenti ritmiche r’n’b’.
“Sometimes” è un’altra folk ballad intimista con richiami country, primo singolo estratto accompagnato da un elegante e curatissimo video diretto da Pietro Leone e interamente girato a Troina e dintorni. Chiude in bellezza “For my pretty little tear”, una strumentale armonica di poco più di un minuto ma vibrante e intensa come non mai.
L’ep, curato nei minimi dettagli, compreso il bell’artwork ad opera di Francesco Toscano, pubblicato dalla palermitana 800A Records, sarà disponibile dal 21 ottobre.
Marco Salanitri