«Onorevoli senatori, onorevoli deputati, signori delegati regionali! nella mia tormentata vita mi sono trovato più volte di fronte a situazione difficili e le ho sempre affrontate con animo sereno, perché sapevo che sarei stato solo io a pagare, solo con la mia fede politica e con la mia coscienza. Adesso, invece, sì che le conseguenze di ogni mi atto si rifletteranno sullo Stato, sulla nazione intera». Furono queste le parole con cui Sandro Pertini iniziò il suo discorso di insediamento da Presidente della Repubblica nell’ormai lontanissimo 9 luglio 1978.
Parole che Giorgio Napolitano conosce bene. Tra l’altro lui quel giorno era presente in quanto deputato, e senza dubbio ne condivise il pensiero. Nei giorni scorsi, indiscrezioni di stampa avevano preannunciate le dimissioni del Capo dello Stato per la fine dell’anno. È perfino iniziato il toto-presidente.
Il Quirinale ha risposto diffondendo questa nota: «I giornali hanno dato ampio spazio a ipotesi e previsioni relative alle eventuali dimissioni del Presidente della Repubblica. In realtà, i termini della questione sono noti da tempo. Il Presidente della Repubblica, nel dare la sua disponibilità – come da molte parti gli si chiedeva – alla rielezione che il 20 aprile 2013 il Parlamento generosamente gli riservò a larghissima maggioranza, indicò i limiti e le condizioni – anche temporali – entro cui egli accettava il nuovo mandato.
Ciò non gli ha impedito e non gli impedisce di esercitare nella loro pienezza tutte le funzioni attribuitegli dalla Costituzione, tenendo conto anche della speciale circostanza della Presidenza italiana del semestre europeo.
La Presidenza della Repubblica non ha pertanto né da smentire né da confermare nessuna libera trattazione dell’argomento sulla stampa. E restano esclusiva responsabilità del Capo dello Stato il bilancio di questa fase di straordinario prolungamento, e di conseguenza le decisioni che riterrà di dover prendere. E delle quali come sempre offrirà ampia motivazione alle istituzioni, all’opinione pubblica, ai cittadini».
Ma perché Napolitano dovrebbe dimettersi proprio a fine anno? Stanco, vecchio? Sì, forse, ma il vero motivo è che le motivazioni per cui accettò il reincarico erano quelle che fossero assicurate le riforme e innanzitutto quella elettorale. Invece, dopo il primo esame alla Camera, la riforma si è arenata al Senato dove la relatrice della legge è Anna Finocchiaro, che è anche la presidente della Commissione Riforme Istituzionali, ha stentato a farlo ripartire dopo il “sottile diktat” del Capo dello Stato. Renzi promette che entro la primavera prossima sarà tutto fatto. Reggerà il “Patto del Nazareno”? L’unica cosa certa è che le dimissioni di Napoletano avrebbero un effetto deflagrante sulla politica italiana e sull’intera Nazione.
Verrebbe a mancare quella figura di garanzia che negli ultimi anni ha sbrogliato di una matassa. Inoltre si aprirebbe una corsa al Quirinale che rischierebbe di spezzare gli attuali precari equilibri anche perché, per il momento, non c’è una figura di talmente alto equilibrio da mettere subito tutti d’accordo. Si ripeterebbero le scene dell’aprile 2013 che questa volta avrebbero come risultato di frenare o addirittura fermare il Governo Renzi e tutte le riforme che si propone di mettere in atto.
Napolitano è uno di Stato e capisce bene tutto ciò e fors’anche di più. Quindi, dimissioni sì, ma non a dicembre.
Mat