Renzi a Catania, cronaca di uno smacco politico

Matteo Renzi a Palazzo degli Elefanti

Matteo Renzi a Palazzo degli Elefanti

Che tra Enzo Bianco e Matteo Renzi non sia scoccata la scintilla dell’innamoramento non sembra un segreto ma questo amore sembra non esser sbocciato neanche durante la visita ufficiale che il premier ha fatto a Catania lo scorso venerdì. Vuoi perché Renzi ha aspettato tre visite ufficiali in Sicilia, cadenzate da un rigore svizzero (la prima a Palermo il 14 maggio e la seconda in provincia di Ragusa proprio a Ferragosto), prima di degnare il capoluogo etneo della sua presenza, ma vuoi, anche, per il clima rigido e di incertezza che regnava nelle stanze del palazzo comunale quasi fino all’alba del fatidico venerdì.
Dopo giorni in cui la visita di Renzi sembrava solo una voce di corridoio, giunse finalmente – il giovedì – la conferma: il premier sarà a Catania di primo mattino e la prima visita la farà al Comune. Stampa e tv pronti all’evento con tanto di accrediti autorizzati. Poi, a dodici ore dal rendez-vous, i cambi d’orario. “Renzi verrà alle 11”, no alle 13, no di nuovo alle 9. No, è confermato, verrà alle 13.

Il caos regnava sovrano non solo nelle redazioni, in cui i turni cambiavano ogni dieci minuti, ma anche al Palazzo comunale, alla Digos e in Prefettura. “Ma stu Renzi viene o non viene?”… le voci, adesso sì, correvano e si ricorrevano, da whatsapp ai social network, dando per scontato un no per niente certo. Fino a quando fu proprio il sito del Governo a confermare: Matteo Renzi domattina sarà a Catania.
La pace politica tra Bianco e il premier era stata siglata? Ma era la pace politica il problema? Non ci è dato sapere, ma i pensieri scomposti che si aggiravano nelle menti degli addetti ai lavori, dopo un turbinio di cambi non consono a una visita istituzionale, questo urlavano.

E così fu, in effetti. Venerdì mattina l’aereo del premier atterrò a Catania e dopo una visita alla Telecom, un’altra alla 3Sun e un assaggio ai torroncini Condorelli, Matteo Renzi arrivò davvero a Palazzo degli Elefanti accolto da 27 sindaci più uno, il padrone di casa, con la fascia tricolore.
Davanti a telecamere e teleobiettivi spianati tocca al sindaco il discorso introduttivo con cui svela al premier tutti problemi di cui soffre la città del vulcano: dai residenti che scappano verso la periferia, al lavoro che non c’è, alla seconda pista dell’aeroporto che ancora latita.  Ed è un “in bocca al lupo” di rito a chiudere il discorso di Enzo Bianco.

È la volta di Matteo Renzi che, davanti a tanti sindaci si dichiara “collega rottamato” e quasi in risposta a Bianco inizia a decantare ciò che di buono offre questa città e la sua provincia. Dall’eccellenza dell’innovazione a cui si studia tra le mura della Telecom o dentro i camici sterili degli ingegneri della 3Sun – che hanno superato i cinesi in tecnologia -, fino alle prelibatezze di quei torroncini che dell’arte culinaria siciliana sono una bandiera. Tre simboli di quell’imprenditoria siciliana da curare “non rimanendo dentro il palazzo ma uscendo per le strade a controllare ciò di cui ha bisogno il territorio”. E va oltre il premier, aggiungendo non solo che Catania può vantare un aeroporto con un trend in salita del 15% ma che “è inutile fare l’elenco delle cose non fatte” perché è al futuro che bisogna guardare e alle imprese (ma non erano obiettivo della destra?) che stanno soffrendo ora più che mai.

La dedica scritta di pugno sul libro della Città conclude una visita-passerella lampo che sembra aver lasciato almeno un’idea alla città: è sulle imprese che bisogna puntare l’attenzione. Un concetto che si sposa poco con la filosofia di sinistra di cui fa parte Bianco e di cui, teoricamente, dovrebbe far parte anche Renzi.
Monica Adorno

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