Secondo i dati forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico,nel 2014 la Motorizzazione ha in totale immatricolato 1.359.616 autovetture, con una variazione di +4,21% rispetto al 2013, durante il quale ne furono immatricolate 1.304.648.
Per quel che riguarda il solo mese di dicembre 2014 la Motorizzazione ha immatricolato 91.518 autovetture, con una variazione di +2,35% rispetto a dicembre dell’anno precedente, durante il quale ne furono immatricolate 89.415.
Secondo il Centro Studi Promotor, l’andamento non negativo del mercato dell’auto nel 2014 è dovuto essenzialmente alla funzione insostituibile dell’automobile nel sistema dei trasporti del nostro Paese. Dalle rilevazioni dell’Isfort emerge infatti che in Italia l’82,7% degli spostamenti motorizzati avviene in automobile, il 3,7% in moto e il 13,6% con il trasporto pubblico, che durante la crisi ha ridotto le linee, aumentato le tariffe e peggiorato il servizio. Ne consegue che nel breve e medio periodo gli italiani dell’automobile non possono fare a meno. Lo dimostra anche l’andamento del parco circolante che, nonostante il calo delle immatricolazioni di cui si è detto, fino al 2011 ha continuato ad aumentare, raggiungendo una consistenza di 37.113.000 unità, per calare poi di 35.026 unità nel 2012 (-0,09%) e di 115.340 unità nel 2013 (-0,31%), per ricominciare però ad aumentare nel 2014, anno in cui, a fine novembre, si registra un incremento del parco di 54.748 unità.
In sintesi gli italiani in questi anni di crisi hanno comprato meno automobili, ma, indipendentemente dalla loro volontà, all’automobile non hanno potuto rinunciare per mancanza di alternative. Il parco circolante è rimasto dunque pressoché costante, ma al rinvio sistematico, durante la crisi, di una quota importante di sostituzioni, ha determinato un forte invecchiamento delle auto che lo compongono. La conseguenza è che molti italiani con vetture non più in grado di assolvere alle loro funzioni sono stati alla fine costretti a sostituirle. Queste “sostituzioni forzose” sono cominciate nel 2014 e continueranno anche nel 2015 indipendentemente dalla ripresa dell’economia, tanto che, secondo Gian Primo Quagliano presidente del Centro Studi Promotor, nell’anno che è appena iniziato le immatricolazioni dovrebbero toccare quota 1.430.000 unità, un livello ancora lontano anni luce dalla normalità per un Paese come l’Italia, ma comunque superiore del 5,18% al risultato del 2014.
Per Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto: «Per prima cosa una piccola soddisfazione statistica. Esattamente 12 mesi fa avevamo previsto nel nostro comunicato stampa di inizio anno un mercato 2014 a 1.350.000 vetture. Ci siamo quindi discostati dal consuntivo 2014 di circa un 0,7%. A questo punto sarebbe corretto che chi aveva a suo tempo dichiarato altri numeri si mettesse un po’ di cenere sulla testa. Soprattutto prima di sbandierare nuove previsioni ottimistiche per il 2015.»
Federauto fa notare che un mercato italiano a 1.360.000 ci fa tornare indietro alla fine degli anni ’70: «Le differenze però rispetto a 35 anni fa sono enormi, sia dal punto di vista economico sia sociale. Inoltre in quel lontano passato non esistevano le chilometrizero, che oggi dipingono un quadro più roseo di quanto non sia in realtà».
Il presidente di Federauto, Pavan Bernacchi precisa: «Rispetto al 2013 abbiamo registrato un +4,2%, ma rispetto al 2012, che tutti considerano un anno orribile, abbiamo perso ancora un -2,9%. È per questo che bisogna pesare e contestualizzare un dato che sembrerebbe positivo, ma non lo è. È un dato che inquieta e siamo convinti che se il Governo non darà attenzione al nostro settore, alle nostre proposte, come ad esempio l’Iva agevolata per i privati, il 2015 bisserà il 2014 attestandosi attorno a 1.400.000. Torneremmo così al 2012 in un loop negativo che da soli non possiamo spezzare»
La Federazione che rappresenta i concessionari di auto, veicoli commerciali, industriali e autobus, di tutti i brand commercializzati in Italia, sottolinea che si tratta di numeri modesti che anzitutto, non risolvono la crisi di sostenibilità delle aziende concessionarie e, in secondo luogo, non consentono di dare al Paese quella spinta e quel contributo che il settore automobilistico ha sempre dato per una robusta crescita dell’economia.
Conclude Pavan Bernacchi: «Bisogna considerare che il segno + del 2014 è dovuto in larga parte agli acquisti effettuati dalle società di noleggio. Spicca ancora il ritardo della domanda dei privati e delle famiglie, ossia il grosso del mercato.
Manca poi l’apporto delle auto aziendali, quello che nei momenti di crisi più acuta ha salvato il mercato di altri paesi. I motivi sono oramai noti a tutti: timori per il futuro, calo generale dei consumi, politica fiscale opprimente, forte selettività del credito. E il tasso di sostituzione dei veicoli è precipitato, contribuendo a elevare l’età media del parco circolante con ripercussioni in termini di maggiore inquinamento, consumi elevati e scarsa sicurezza e con forti impatti negativi su circa 1.000.000 di lavoratori che opera nella nostra filiera.
Ma quello che è assurdo è che lo Stato, nonostante l’alto livello della pressione fiscale sull’autoveicolo, in acquisto e in utilizzo, riduce comunque il gettito complessivo. Un auspicio finale: il Governo ci ascolti e metta in atto un piano dove tutti potremmo uscire vincitori».