Prosegue la moria delle imprese artigiane: dall’inizio della crisi ad oggi, in Italia si contano quasi 94.400 botteghe in meno. Se nel 2009 le imprese attive sfioravano quota 1.466.000, al 31 dicembre 2014 la platea è scesa a circa 1.371.500 unità. Le Regioni che in termini assoluti hanno perso il maggior numero di imprese artigiane sono state la Lombardia (-11.939), l’Emilia Romagna (-10.126), il Piemonte (-10.071) e il Veneto (-9.934). In termini percentuali, invece, i territori più colpiti sono stati la Sardegna (-12,2%), il Molise (-9,7%) e l’Abruzzo (-9,4%).
Le statistiche sono state elaborate dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati camerali.
Ecco la situazione settore per settore: Costruzioni (-17,4%), trasporti (-13,5%) e attività di natura artistica (-11%) sono stati i settori che in termini percentuali hanno subito i contraccolpi più pesanti. In termini assoluti, invece, sono stati gli impiantisti (elettricisti, idraulici, manutentori, etc.) a subire la contrazione assoluta più importante: – 27.502 unità. Pesante anche la situazione registrata nell’edilizia (- 23.824) e nell’autotrasporto (-13.863). Le attività che, invece, hanno “battuto” la crisi sono state le imprese di pulizia (edifici/impianti) e il giardinaggio (+9.477 imprese), il settore alimentare (rosticcerie, friggitorie, pasticcerie, gelaterie, etc.), con + 3.527 imprese e il settore della produzione di software (+1.762 unità).
Difficile, altresì, anche la situazione dell’artigianato produttivo: con 10.633 chiusure le officine fabbrili sono state le più penalizzate a cui si aggiungono le falegnamerie (-6.757 unità) e le attività del Tac (tessile, abbigliamento e calzature), con 5.409 aziende in meno.
Oltre il 54 per cento della contrazione complessiva delle imprese artigiane riguarda attività legate al comparto casa. Edili, lattonieri, posatori, elettricisti, idraulici, manutentori caldaie, etc. stanno vivendo anni difficili e molti sono stati costretti a chiudere definitivamente la saracinesca della propria attività. La crisi del settore e la caduta verticale dei consumi delle famiglie sono stati letali. Oltre a ciò, preoccupa anche lo stato di salute di alcune professioni storiche dell’artigianato che ormai stanno scomparendo. Per le profonde trasformazioni che i rispettivi settori stanno subendo o per il fatto che i giovani non si avvicinano più a questi mestieri: come i barbieri, i calzolai, i fotografi, i rilegatori o le ricamatrici che con le loro botteghe hanno caratterizzato la vita quotidiana di tanti paesi e città. Senza dimenticare i norcini e i casari che hanno contribuito a sviluppare una cultura agroalimentare che, in loro assenza, l’Italia rischia di perdere.