La performance dello sguardo celebra la donna. Invenzioni a tre voci torna sabato 28 e domenica 1 marzo sul palco di Scenario Pubblico

Invenzioni a tre

Invenzioni a tre voci

Uno sguardo sull’umanità, sulla donna e sulla bellezza. È anche questo Invenzioni a tre voci, il primo step dell’ampio progetto Transiti Humanitatis (riflessione sull’umanità e sulla bellezza evocata e indagata attraverso la danza) che si concluderà nel 2017, ma è soprattutto una performance dello sguardo. Gli applausi del pubblico hanno confermato la comprensione e la scelta di Roberto Zappalà e della sua compagnia durante lo spettacolo andato in scena lo scorso fine settimana a Scenario Pubblico.

L’associazione tra le musiche di Bach e l’idea coreografica di Zappalà per la creazione di Invenzioni a tre voci nasce quasi per caso in quella che egli stesso definisce “un’alchimia meravigliosa” che sul palco viene tradotta dalle tre protagoniste: la francese Maud de la Purification, la marchigiana Gioia Maria Morisco Castelli e la siciliana Valeria Zampardi. E sono ancora tre le invenzioni e le voci sperimentate da Johann Sebastian Bach e suonate da vivo dal violista Adriano Murania e dal pianista Luca Ballerini.

Una riflessione a passo di danza sull’immaginario femminile, sulla sua (sempre della donna) bellezza considerata “un’invenzione meravigliosa” e dal suo corpo che è al contempo protagonista e vittima. “Le donne sono state i soggetti principali della pittura mentre pittori e spettatori di solito erano gli uomini. E col tempo, loro, le donne, sono diventate visione – racconta Zappalà -. Cosa è cambiato oggi? Tranne i mezzi di comunicazione, nulla. L’uso che si fa dell’immagine della donna è immutato: gli uomini guardano le donne, le donne guardano se stesse e vedono gli altri guardarle, l’artista guarda la modella, le danzatrici guardano il prodotto di questo sguardo. Voi ci guardate e guardate anche il vostro sguardo. Perché… sapete… è sempre una questione di sguardi”.

La danza espressa in Invenzioni a tre voci mette a nudo la donna, letteralmente e metaforicamente, e ha la sua grammatica e la sua sintassi nei nervi e nelle giunture, nei fremiti e nei sussulti del corpo delle tre danzatrici/invenzioni in un linguaggio di consapevolezza e sperimentazione personale compiuta sia dalle danzatrici in scena che dallo spettatore che guarda. “Io sono un’invenzione, sono il mio corpo, abito lo spazio del mio corpo, il mio corpo è la mia mente, la mia mente è il mio corpo, io sono i miei muscoli, i miei nervi, le mie articolazioni”. Sono queste le frasi che ripetono senza sosta coreografo e danzatrici durante la performance che tornerà in scena sabato 28 febbraio alle 20.45 e domenica 1° marzo alle 19.

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