Silvio Berlusconi ha finito con i servizi sociali ed anche se ancora non può essere candidato, per gli effetti della legge Severino, ha ripreso l’agibilità politica. Il momento giusto poiché il centrodestra sembra essere totalmente allo sbando. Un po’ perché dopo anni manca di un vero e proprio leader, un po’ perché l’effetto Renzi si fa sentire a tutte le latitudini politiche. Matteo Salvini ha tentato di contrastarlo, ma (visto anche quello che sta accadendo in Veneto) ha ottenuto ben pochi risultati. Persino in Sicilia, tradizionalmente dominata dal centrodestra, il Partito Democratico miete consensi e raccoglie adesioni riempiendo teatri e palacongressi come mai era accaduto prima. Adesso torna Berlusconi. Cosa farà? Anzi, cosa sarà in grado di fare? L’opposizione a Matteo Renzi prenderà vigore?
In politica fare l’opposizione è una cosa seria. Un’azione importante perché da un lato serve da sprone a chi governa dall’altro perché mette in atto un’azione di controllo e, dunque alla fine, un proposta di sostituzione. L’opposizione, sia chiaro, deve essere ben distinta dalla minoranza politica occasionale, che può scaturire da una singola votazione. Gli inglesi, che di democrazia parlamentare possono dare lezioni a tutti ed a noi italiani degli ultimi tempi più che mai, hanno codificato tantissimi aspetti dell’opposizione a partire dal 1826 con il Majesty’s Loyal Opposition: dal filibustering al “governo ombra”. Insomma, una “official opposition” il cui capo è una sorta di primo ministro alternativo.
Anche in Italia, nel passato, si sono a volte viste grandi opposizioni: basti pensare a Togliatti e Berlinguer, allo stesso Berlusconi contro Prodi.
Scriveva Pietro Calamandrei nel 1948: «Ma anche l’opposizione, se si vuol che il parlamento funzioni, non deve mai perdere la fede nella utilità delle discussioni e nella possibilità che hanno gli uomini, anche uno contro cento, di persuadersi tra loro col ragionamento (che è qualcosa di diverso dalle vociferazioni e dalle invettive). Anche se ridotta a un esiguo drappello di pochi isolati, l’opposizione deve esser convinta di poter prima o poi, colla ostinata fede nella bontà delle proprie ragioni, disgregar la maggioranza e trascinarla con sé; e deve guardarsi dal complesso di inferiorità consistente nel credere che restar fuori dal governo voglia dire esser fuori dal parlamento o ai margini di esso, quasi in esilio o in penitenza. In realtà, se la opposizione intende l’importanza istituzionale della sua funzione, essa deve sentirsi sempre il centro vivo del parlamento, la sua forza propulsiva e rinnovatrice, lo stimolo che dà senso di responsabilità e dignità politica alla maggioranza che governa: un governo parlamentare non ha infatti altro titolo di legittimità fuor di quello che gli deriva dal superare giorno per giorno pazientemente i contrasti dell’opposizione, come avviene del volo aereo, che ha bisogno per reggersi della resistenza dell’aria».
Mat