Lutto cittadino e bandiere a mezz’asta. Almeno quelle del Comune, perché alcune bandiere che si affacciano su via Etnea sembravano non sapere che la strage del Museo del Bardo ha colpito anche Catania. Una notizia che è passata in sordina ma così tanto in sordina che in pochi sanno che Orazio Conte era nato a Catania. Eppure a lui ieri pomeriggio è stata dedicata la giunta, aperta e straordinaria, voluta dal sindaco Enzo Bianco per celebrare il ricordo di tutti quelli che hanno perso la vita nella strage del Museo del Bardo. 23 persone, tutti turisti e un agente, e di questi quattro italiani: Antonella Sesino, Giuseppina Bellia, Francesco Caldara e Orazio Conte, un siciliano nato sotto l’Etna, studente del Principe Umberto di Catania, che aveva scelto il Politecnico di Torino per gli studi universitari e per il resto della sua vita.
Un uomo mite, Orazio Conte, un uomo buono lo hanno descritto i suoi amici d’infanzia e i suoi soci. Un bel cervello, un informatico che grazie alla sua società, la Asic srl fondata nel 1987 a Ivrea insieme ad Aldo Turati e Andrea Pinnola, si occupava dei sistemi di sicurezza informatici e di automazione di bordo per grandi navi da crociera e per le navi della Marina. Un uomo che amava il lavoro più delle vacanze e che amava la moglie più del lavoro perché è per lei che aveva scelto di farla questa benedetta vacanza. Per Carolina Bottari. E solo per lei si era deciso a scendere dalla scaletta della nave per quell’escursione al Museo del Bardo che si rivelò fatale.
Attimi assurdi e concitati, racconta chi ce l’ha fatta, sotto i pallini a raffica che colpivano alle gambe lasciando a terra chi veniva colpito. Tra loro anche Orazio e Carolina. Poi la raffica di ritorno – questa volta al petto – si abbatte su Orazio Conte. E non c’è più scampo. Anche Carolina è a terra, ha alcune ossa delle gambe spezzate e il gomito destro rotto ma ancora non lo sa, quello che vede è il sangue che scorre a fiumi e ha la prontezza di sfilare la cintura di suo marito e legarsi le gambe per fermare l’emorragia. Poi la corsa in ospedale e due operazioni all’ospedale di Tunisi che forse non basteranno. Sabato scorso il ritorno in Italia, insieme a un’altra ferita Danila Pollara, sulla barella ma con ha i suoi tre figli accanto.
Intanto a Tunisi sette responsabili della sicurezza sono stati licenziati: il capo del distretto di polizia, il comandante dei vigili, il responsabile della sicurezza per il turismo, il capo della sicurezza del distretto del bardo e il suo omologo a Sidi Bechir, il responsabile dei servizi del Bardo e il capo del posto di polizia del museo. Il Museo dovrebbe riaprire alla fine di questa settimana ma non verranno fatti lavori di restauro molto aggressivi. Il direttore Ben Moussa ha dichiarato che il museo è un “luogo della memoria e le tracce rimarranno a testimoniare un incidente che ha colpito un simbolo della cultura”. Alla giunta straordinaria che si è tenuta ieri pomeriggio a Catania erano presenti: il viceprefetto Enrico Gullotti, i comandanti provinciali dei Carabinieri Alessandro Casarsa e della Guardia di Finanza Roberto Manna, il vicequestore Giovanni Signer, il comandante del 41° Stormo dell’Aeronautica militare Vincenzo Sicuso, il comandante della Caserma Sommaruga Giovanni Giagheddu e il comandante Daniele Di Guardo della Capitaneria di Porto. Presenti inoltre la presidente del Consiglio comunale Francesca Raciti, gli assessori Luigi Bosco, Marco Consoli, Rosario D’Agata, Salvo Di Salvo, Orazio Licandro, Valentina Scialfa e Angelo Villari, i capogruppo del Megafono Daniele Bottino e di Articolo 4 Nuccio Lombardo e il vice capogruppo del Pd Nino Vullo, il segretario e direttore generale Antonella Liotta e il capo di Gabinetto Massimo Rosso. “Abbiamo voluto ricordare – ha detto Bianco – non solo il nostro concittadino Orazio Conte, non solo tutti gli italiani ma tutte le vittime dell’attentato di Tunisi, che ha suscitato sdegno e dolore, ma anche sentimenti di sgomento e angoscia”. E intanto sono in molti a pensare che l’attentato al Parlamento tunisino fosse solo una scusa e che il vero bersaglio fossero i turisti.
Monica Adorno