È durato un’ora o poco più ma il tempo è volato. Guardando “Oratorio di Resurrezione” ci siamo accorti che il tempo era passato solo quando tutto era finito e noi ripiombati nella realtà di un piccolo teatro che va avanti senza finanziamenti pubblici e che nonostante questo riesce a offrire al suo pubblico splendide chicche. Entriamo nel piccolo teatro della Sala Magma il palco è al buio e lo spettacolo sta per iniziare. Il sipario va via e le luci sono solo un ricordo che afferrano l’attenzione in dettagli impercettibili e indistinti. La musica si muove e con lei forse dei piedi e delle braccia insieme a lamenti strazianti. Siamo all’inferno o in Paradiso? Ma è l’inferno in terra quello che ci sta davanti e che attanaglia i tre attori che aprono la scena (Antonio Starrantino, Francesca Fichera e Sabrina Tellico che quest’estate abbiamo ammirato in veste di diavolo tentatore nel Faust di Elio Gimbo). Gesù è stato crocifisso e le donne stanno piangendo. La storia la conosciamo tutti ma è la trasposizione offerta dall’autore, Renato Pennisi, che incanta. “Sin dagli anni Ottanta questo è un lavoro in progress, mille volte ripreso e abbandonato”. Poche le pagine che in questi anni Pennisi ha proposto pubblicamente, “soprattutto la sequenza di Simone di Cirene, sfidando il giudizio – e la censura – di una possibile inattualità del testo. In realtà l’approccio è laico, con ogni creatura rappresentata che si para debole e coraggiosa di fronte agli eventi. Smarrita di fronte al vertiginoso processo della creazione, alla sua smisurata bellezza, e all’inevitabile distruzione che ne consegue”.
E sono uomini semplici di tutti i giorni quelli che il regista ha voluto proporre sul palco, quelli che nel vivere il proprio quotidiano si interrogano sui misteri che riguardano la sfera individuale e collettiva. “È palese – ammette il regista Salvo Nicotra – che l’uomo abbia sempre cercato il superamento dei proprio limiti, che nel corso dei millenni si sia inoltrato sino all’estremo dell’esistenza nel tentativo di superarne il confine. L’ha fatto con la religione e la filosofia, poi l’avvento di Cristo e la sua resurrezione ha introdotto novità e riflessioni mai pensate prima. La poesia e il teatro non potevano ignorarlo. Neanche noi che abbiamo portato in scena un oratorio, una preghiera, laica quanto si vuole, ma pur sempre preghiera. Intrisa d’amore però, quell’amore insito nella “novella” cristiana che ho ritrovato anni fa allestendo l’Alcesti di Euripide.
“Portando in scena il testo di Pennisi abbiamo cercato di proporre qualcosa di originale – conclude Nicotra – che fosse il riassunto di tutte le sensibilità di chi ha contribuito a trasporre sul palco questo spettacolo in cui il dolore diventa canto e improvvisa gioia”.
Bravo il protagonista Antonio Caruso che ha collaborato a regia e costumi e con lui Salvo Disca che ha curato il commento musicale, Alfio Guzzetta che si è occupato dell’organizzazione e Orazio Indelicato direttore di scena.
Monica Adorno