Tralasciando le occasionali intrusioni di rumori e suoni presi o elaborati a guisa di “industrial noise” da parte di vari artisti, soprattutto in campo rock, l’atto di nascita della “industrial music” viene considerato intorno agli anni ’70, relativamente a quella manciata di gruppi e artisti che gravitarono intorno all’etichetta “Industrial Records” di Londra. Successivamente il “genere” cominciò a svilupparsi e a invadere il campo rock e, da qui, intorno agli anni 80, a ispirare via via vecchi e nuovi gruppi di “metal”. L’industrial rock, partendo in un certo senso dalla rivoluzione del “punk” e da certe istanze della “new wave”, cerca di spezzare le catene del conformismo e della regolamentazione e, ispirandosi in parte anche alle sperimentazioni della musica colta (John Cage e K. Stockhausen in primis) e in parte (come temi, ovviamente), alla letteratura new wave di science-fiction (molto influente è stato Philip K. Dick, ma anche J.G. Ballard) ed al movimento della “beat generation” (William S. Burroughs e la sua tecnica del “cut-up”) introduce sempre più, affiancando e poi sostituendo il classico schema “chitarra-batteria-basso”, strumenti elettronici, sintetizzatori, sequencer, campionatori e andando avanti di questo passo con quello che la tecnologia man mano metteva – e mette – in campo.
Nel metal l’anno di nascita viene indicato con l’esordio dei “Ministry”, a cui seguono, i “Nine Inch Nails”, i “Godflesh”, i “Fear Factory”, i “White Zombie”, “Marilyn Manson”, solo per citare i più famosi e/o i più venduti.
Una menzione a parte la meritano i “Pitch Shifter” e gli “Optimum Wound Profile”, che possiamo considerare i promotori di una sorta di scuola all’inglese (anche se, invero, non è così o, per lo meno, entrambi i gruppi, accomunati per lo più da una generale denuncia della spersonalizzazione dell’individuo, nascono e si evolvono individualmente e con differenze anche marcate). Poco conosciuti, non hanno goduto di grandissima considerazione da parte del vasto pubblico, ma hanno espresso una musica estremamente pesante e tecnicizzata quale veicolo di un messaggio di denuncia delle alienazioni umane e dei pericoli legati all’eccessivo uso della tecnologia finalizzata al controllo dell’individuo e delle masse. Il periodo da prendere in considerazione sono gli anni che vanno dal 1993 al 1996 con la pubblicazione di “Desensitized” e “Infortainment?” per i P.S. e di “Silver or lead” e “Asphyxia” per gli O.W.P.
1993 – “Desensitized”. Ritmi brutali, fortemente cadenzati, voce presa in prestito dal death metal, testi in forma di slogan ossessivamente ripetuti. Su tutto aleggia vagamente lo spettro dei Ministry, trasmigrato in una forma priva di ironia: i temi sono quelli della manipolazione profonda dell’individuo che inconsapevolmente viene plagiato, indottrinato e “riformattato”, Non c’è via di scampo, quasi la poetica di rassegnazione grunge in salsa “Grande Fratello” (quello di Orwell!)
1996 – “Infortainment?”. Si parte con una denuncia delle lusinghe/psicoimposizioni pubblicitarie, in cui si comincia a sperimentare tutta una serie di campionamenti diversi della voce e si assiste ad una maggiore duttilità musicale, data dalla continua contrapposizione di tempi con accelerazioni e rallentamenti. Si passa per la massificazione intensiva in cui l’individualità è denunciata come il male da estirpare, per l’allegoria “virale” e la pressione culturale; i temi sono il condizionamento sociale (profondo, insidioso che passa pure – secondo i P.S. – per i fatti di Roswell del 1947 – il presunto occultamento di un contatto con UFO da parte del governo USA…-), l’inquietudine (di fronte ad una realtà vista come opprimente, ingabbiante), l’alienazione (per una condizione senza via di scampo a qualsiasi livello, familiare, sociale, in cui la città, metafora dell’asservimento, è onnipresente, quasi un’estensione globale) e via di questo passo.
1993 – “Silver or lead”. La condizione umana è il messaggio che emerge dalla disperazione urlata angosciosamente. Condizione asservita alla posizione sociale, alle convenzioni, alle idee di una razza superiore (Nazilover), all’imposizione religiosa, al sesso schiavizzante, alla semplice routine domestica (Slavetrade), agli abusi familiari (Modus Operandi). Il punto di forza di questo gruppo è la voce di Simon Finbow, vero grido di desolazione cosmica, che affonda nelle viscere e non lascia scampo.
1995 – “Asphyxia”. S’inizia con un arpeggio furoviante, che però si tramuta in un’infuocata cavalcata di chitarra distorta e ritorna l’urlo esiziale di Finbow. Oppressione, inquietudine, corruzione interiore, sono i “classici” temi esternati dagli OWP, adagiati, però, su una musica meno ispirata rispetto a “silver or lead”, che si inoltra in territori maggiormente canonici (nel campo del metal, per inteso), priva dei fecondi tentativi di sperimentazione che troviamo, invece, in “silver or lead”.
Da notare che gli OWP fanno a meno, in entrambi i lavori, della batteria, che risulta essere campionata. Gli Optimum Wound Profile sono in attività, come gruppo, sino a 1996. I Pitch Shifter dal 1998 cambiano nome in “Pitchshifter” e si danno ad una fusione di metal con musica dance, abbandonando l’Industrial Metal.
Alfonso Di Mauro