Catania ha detto “sì” all’Acquacoltura. A giudicare dall’alto numero di adesioni al progetto promosso dalla Camera di Commercio di Catania, e alla relativa campagna di comunicazione a livello locale e nazionale realizzata in collaborazione con Unioncamere nazionale ed il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, direzione generale della Pesca Marittima e dell’Acquacoltura, consumare e proporre menù a base di pesce allevato non dovrebbe più essere un tabù insuperabile.
Il progetto Acquacoltura si è chiuso oggi con la tavola rotonda tenutasi nella sala Platania della Camera. A Catania sono stati 18 i ristoranti aderenti e 18 anche le pescherie che hanno esposto locandine, menù , e soprattutto che hanno proposto alla clientela il pesce d’allevamento, affiancati da una campagna di comunicazione nazionale e di alto livello. I motivi sono evidenti: in una città come Catania, dove la pesca ha sempre avuto un ruolo fondamentale nell’ economia locale, l’acquacoltura potrebbe rappresentare una buona risposta anti crisi nell’ambito della ristorazione e degli esercenti di settore. Ma i consumatori dovranno accantonare una volta per tutte l’idea che il pesce allevato sia meno buono e salutare di quello selvatico. Per almeno tre ragioni: nutrizionali, ambientali, e qualitative.
Al termine della tavola rotonda, alla quale sono intervenuti, oltre al segretario generale Alfio Pagliaro, al vice Franco Virgillito, il biologo marino dell’Università di Catania, Andrea Giuseppe Lo Bue e Giuseppe Guagliardi, componente del MAAS, sono stati premiati i partecipanti ai contest Hellofish- Hello Click. Presenti anche rappresentanti di associazioni imprenditoriali di categoria e del settore ristorazione.
Il riconoscimento è andato al ristorante “Le Dolcezze del mare”, chef Orazio Sicali, di Misterbianco per il piatto “Spigole al pesto con Marsala su letto di rucola”, e alla foto più bella del piatto “Spiedini di salmone al rosmarino” scattata da Dario Zappalà.
“Il progetto Acquacoltura a Catania ha raccolto risultati oltre ogni aspettativa – commentano il segretario generale Pagliaro, e il commissario ad acta Roberto Rizzo – ci hanno creduto gli imprenditori, comprendendone le tante finalità sino in fondo, e ci hanno creduto i consumatori. Viviamo in una terra dove il rapporto diretto e millenario con il mare, ci ha convinti a giudicare male il pesce che nasce e vive fuori dal contesto marino selvatico. Eppure non facciamo i conti con la realtà: le risorse marine non sono infinite, i pescati sono sempre più scarsi e costosi, e un buon 70% del pesce che troviamo in pescheria, non è nostrano. Il pesce allevato invece è controllato, se ne conosce la provenienza e persino i palati più raffinati fanno spesso fatica a distinguerlo da quello selvatico”.
Sono state quattro le regioni coinvolte nel progetto (Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania e Puglia, tutte nell’Obiettivo 1), mentre in Sicilia, sono le province di Catania, Messina e Siracusa ad avere partecipato attivamente al progetto attivato dall’Unione europea. In Sicilia orientale le aziende che si dedicano all’acquacoltura sono cinque; un numero decisamente inferiore alle 18 imprese presenti sono al 2008. “Poi le tasse, i costi di utilizzo del demanio legati a norme regionali e le complicazioni burocratiche hanno scoraggiato la presenza nel settore. Eppure, una filiera locale come questa, potrebbe aprire nuovi scenari, creare investimenti, sviluppo e posti di lavoro, nonché buon pesce a chilometro zero da consumare 365 giorni all’anno – ha sottolineato Lo Bue – mentre nella realtà di oggi, le spigole di acquacoltura che arrivano nelle nostre tavole provengono da Malta, prima produttrice, e dalla Grecia”. Per Guagliardi, “il futuro del mercato ittico sarà legato proprio all’espansione dell’acquacoltura. Ad oggi, invece, non possiamo soddisfare le richieste che ci arrivano anche da grandi soggetti internazionali”.
Il sito www.hellofish.it propone analisi e indicazioni utili per conoscere meglio il settore acquacoltura, e tante video ricette per consumare il omesse allevato nel migliore dei modi, anche nella cucina di casa.