Catania – La settimana scorsa migliaia di turisti in visita alla città eterna sono rimasti fuori dal Colosseo e dai musei romani: tutti i beni culturali di Roma sono rimasti chiusi per alcune ore in nome di uno sciopero, anzi no di un’assemblea sindacale, con la quale i dipendenti chiedevano – giustamente – di essere pagati per gli straordinari effettuati nei mesi precedenti. Tanti mesi a dire il vero, è dal 2014 che questi dipendenti aspettavano il proprio compenso. Al di là del fatto che chi lavora deve, ma proprio deve, essere pagato, è stato inevitabile pensare ai turisti vittime davvero incolpevoli di questi comportamenti assurdi.
«Il diritto di sciopero non è una conquista democratica – scrive Simona Maggiorelli su left.it – sancita dallo statuto dei lavoratori ma un “reato” come ha detto il sotto segretario Barracciu, (poi corsa ai ripari correggendosi). Di fatto per il governo Renzi va limitato per legge quando si tratta di servizi essenziali fra i quali, ora, annovera l’accesso a musei e monumenti. L’aver chiuso per un paio d’ore il Colosseo per assemblea sindacale ha prodotto un danno d’immagine all’Italia agli occhi del mondo, sentenzia il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che ai custodi del Colosseo (27 per 6mila visitatori al giorno) e di altri siti archeologici romani riuniti in assemblea regolarmente annunciata ha moralisticamente risposto di usare il buonsenso nell’esercitare un proprio diritto fondamentale». Ed è così che i i musei sono diventati un servizio essenziale per la comunità e come tali non possono essere chiusi, neanche per poche ore, in nome di uno sciopero o di un’assemblea sindacale.
Mentre a Roma era il Colosseo a esser preso di mira, Catania era ostaggio dell’immondizia: cataste e cataste di sacchi maleodoranti e putridi erano visibili in qualunque via o quartiere. Dal centro storico alla periferia tutta la città era un immenso cassonetto, mentre i 40 gradi di un sole impietoso faceva marcire persino l’immarcescibile plastica. I lavoratori di Oikos e Ipi da mercoledì erano prima in sciopero e poi in assemblea sindacale per protestare contro il mancato accreditamento degli stipendi. Due ore di assemblea sindacale a inizio di ogni turno che hanno ridotto della metà ciò che era di loro competenza: svuotare i cassonetti e consegnare a cittadini e turisti strade pulite e decorose.
Ribadendo il fatto che il lavoro va pagato e chi lavora deve poter portare a casa il pane per mangiare, è difficile capire come mai, a fronte di un orario di lavoro ridotto della metà, per le strade sia stata lasciata la totalità dell’immondizia. Perché delle due una: o di giorno in giorno il turno dimezzato avrebbe dovuto portare pulizia almeno in alcune strade, oppure nel resto del turno disponibile nulla, ma proprio nulla, è stato fatto dai lavoratori. Questo perché non osiamo neanche immaginare che a fronte di un turno dimezzato, nelle restanti ore di lavoro, i dipendenti, esasperati, abbiano deciso di svuotare solo metà dei cassonetti. E, obiettivamente, questa è un’idea improponibile. E allora la domanda è nelle ore in cui non erano impegnati nell’assemblea sindacale questi lavoratori cosa hanno fatto? Hanno lavorato, oppure si sono lasciati prendere dall’euforia dell’assemblea “dimenticando” che Catania non solo puzzava, ma a poco a poco veniva infestata da blatte, topi e tutto quanto di pulito e sano si può immaginare? È vero, sono ironica, ma non lo erano gli abitanti e i commercianti di qualunque negozio o attività. No non lo erano proprio. Erano distrutti, afflitti, esasperati, incavolati e impotenti di fronte a un’indecenza che non si può fronteggiare per la quale però hanno pagato un servizio corretto e puntuale. E con loro ci sono anche i turisti, perché i turisti vengono anche a Catania, di certo non con gli stessi numeri di Roma, ma vengono anche qui. E l’immagine che abbiamo dato è stata lugubre. Se di immagine dobbiamo parlare, perché sarebbe il caso di parlare anche di salute pubblica di certo non garantita da montagne di spazzatura sparse in ogni dove. E sarebbe anche il caso di capire come mai i dipendenti di una delle due ditte ha interrotto le ostilità sabato mattina accettando le proposte dell’Amministrazione, mentre la seconda ha pensato bene di accettare, le stesse proposte, solo lunedì. È lecito, a pensar male di andreottiana maniera, che hanno preferito farsi un week end a casa mentre la città imputridiva?
E allora, in nome del decoro, dell’immagine e soprattutto della salute pubblica della città, di cui il sindaco è responsabile, facciamo diventare i cassonetti dell’immondizia e il servizio di pulizia a questi correlato un “Servizio essenziale”. Così, fatto salvo il fatto che il lavoro va pagato puntualmente, anche i cittadini potranno contare su un servizio certo e responsabile non preso di mira da scioperi o assemblee sindacali.
Monica Adorno