Lunedì mattina la Sicilia si è svegliata con una nuova buona notizia. Buona si fa per dire visto che uno smottamento della collina di Letojanni aveva invaso la A18, cioè la famosa autostrada Messina Siracusa che però da sempre chiamiamo Catania-Messina visto che a Siracusa, nei fatti, non c’è mai arrivata. Forse neanche adesso per un dispetto della Tangenziale di Catania che le toglie il passaggio per un bel po’ di chilometri. Alle otto del mattino le due carreggiate della A18 erano già ostruite e il passaggio, per automobilisti, camion e moto, impossibile. Due le uscite obbligate: Roccalumera per chi arrivava da Messina, Giardini per chi veniva da Catania. In mezzo l’unica alternativa possibile: la SS114 che si è trasformata subito in un lunghissimo serpentone incapace di smaltire quel traffico impazzito. Chi doveva arrivare a lavoro alle 9 ha praticamente pranzato al volante, i fortunati che avevano saputo in tempo la notizia bestemmiavano in tutte le lingue del mondo, gli altri si sfogavano sui social network facendo il conto delle autostrade percorribili che la Sicilia offre. Poche, pochissime.
La Catania-Palermo è interrotta da aprile per il cedimento di uno dei due piloni Himera: poco meno di quattro ore per arrivare a Palermo con l’auto o l’autobus, tre con il treno che – strano a dirsi fino all’11 aprile – è diventato il mezzo più “competitivo” dell’Isola. Certo non offre coincidenze adeguate, almeno nella parte orientale dell’Isola, ma rappresenta l’alternativa valida ai tornanti e alle noci di Polizzi Generosa o alle pendenze della regia-trazzera dei grillini.
La Messina-Palermo (A20) bisogna raggiungerla per poterne ammirare panorami e pedaggi, ma non era questo il caso di lunedì scorso. Non è questo il caso in nessun giorno della settimana, in effetti, perché non offre mai – a chi deve andare a Palermo da Catania – la possibilità di ridurre i tempi di percorrenza. La A18, l’unica percorribile fino a ieri, era bloccata. Insomma le uniche possibilità di collegamento che Catania aveva erano rivolte a Sud, verso Siracusa e Ragusa.
In effetti la Prefettura di Messina in un incontro operativo effettuato poco dopo lo smottamento della collina di Letojanni aveva proposto un percorso alternativo: una delle strade più antiche dell’isola, l’unica utilizzata dagli eserciti per raggiungere il Tirreno dallo Jonio (vedi cartina). Peccato che i tempi di percorrenza, anche secondo google.maps, sono di 3 ore e 21 minuti. Una passeggiata di salute per chi è in vacanza, una tragedia per chi deve andare a lavorare.
Nel frattempo anche l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti si era lasciato andare a uno social-sfogo: «Oggi pomeriggio vertice in Prefettura per la frana sulla Catania – Messina. Le ditte sono già al lavoro per un piano di consolidamento e drenaggio approvato dal genio civile. La riapertura tra stanotte e domani. Sulle strade siciliane sta franando di tutto. Non si può lavorare così».
Pizzo ha ragione non c’è dubbio, così non si può lavorare. E se non può lui, figuriamoci i siciliani che subiscono frane, interruzioni, isolamenti un giorno sì e un giorno no. E nei giorni no ci sono pure le allerte meteo e le bombe d’acqua che aiutano meglio a gestire quel poco lavoro che ancora c’è.
Eh sì, perché ci sono pure le allerte meteo, tutte arancioni per carità, che mettono tutti sul chi va là autorizzando mamme super-apprensive a imporre (anche solo alle altre mamme se serve) che l’indomani “a scuola non si va”. Un po’ perché è prevista pioggia, un po’ perché c’è troppo caldo e se il meteo non aiuta la scusa saranno le prove Invalsi. Insomma ogni scusa è buona per prendersi un giorno di “calia” e se poi la licenza media o il diploma sono solo pezzi di carta, poco importa… pioveva!
Ma il punto su cui il problema va posto è se era possibile o meno allertare, ma davvero, i cittadini sul pericolo incombente che si stava riversando sull’autostrada gestita dal Consorzio per le Autostrade Siciliane (Cas). E la risposta pare essere un sì. Non perché siamo tecnici, ma perché ci siamo limitati a guardare le foto scattate da un cittadino, Giuseppe Brischetto, che ha percorso la A18 venerdì scorso. All’altezza del viadotto San Filippo la carreggiata era già stata ristretta per consentire agli operai di togliere ciò che la collina regalava, purtroppo, con troppa foga e generosità. Se la risposta era un sì perché mai si è dovuto sapere, dalle trasmissioni radio sul traffico, che la A18 era chiusa e che le file erano – in effetti era – una sola da Messina a Catania?
In un mondo in cui le notizie viaggiano alla velocità di un tweet, in Sicilia siamo fermi all’anno zero. E così l’allerta meteo di pre-allame di martedì 29 settembre in realtà fu un flop. L’allerta meteo, sempre arancione, di giovedì 1° ottobre fu precisa, decisamente meno quella (ancora arancione) di venerdì 2 ottobre.
Lunedì 5 ottobre nessuna allerta: la pioggia era già caduta, la collina di Letojanni così impregnata d’acqua che le villette sostituite agli alberi non avrebbero mai potuto bloccare, e di cui gli operai a lavoro sulla A18 non sapevano nulla. Neanche la Protezione Civile, che nei suoi avvisi (vedi foto) segnala i rischi idrogeologici di tutta la Sicilia, sapeva. Qualcosa invece la sa proprio Pizzo, l’assessore regionale, che ha risposto per le rime a un signore che lo tacciava di portare jella: «Forse se su tre colline morfologicamente uguali su una il comune Letojanni non presenta il PAI (su quelle ai lati si) ma consente la costruzione di villette di cui una pare di qualche noto amministratore locale… forse non è jella ma colpa grave».
Lunedì sera alle 22 la A18 è stata riaperta in direzione Catania-Messina, martedì alle 13 in entrambe le direzioni… fino alla prossima pioggia?
Monica Adorno