Ebreo, fascista, scienziato, matematico puro, e fine traduttore di testi di letteratura. Grazie a Officine Culturali la sua storia è tornata alla ribalta sul palco dei Benedettini
Catania – L’auditorium è quasi pieno, l’orario è quello giusto, la radio comincia a trasmettere con quegli squittii tipici di primo Novecento e una voce dal palco introduce Azeglio Bemporad: «Lui è stato la passione pura per la ricerca e per l’animo umano».
Quello che sta iniziando non è solo uno spettacolo, ma un documento, anzi faldoni e faldoni di documenti, carte stellari e una marea di pizzini rubati alla polvere di archivi destinati al macero e salvati dalla lungimiranza di una persona, l’ing. Leonardi. A lui infatti negli Settanta venne affidato il compito di ristrutturare alcuni edifici dell’Università e tra tutte le carte che avrebbe dovuto buttare riconobbe l’estrema importanza storica di quelle che hanno ridato vita ad Azeglio Bemporad. Non uno qualunque, badate bene. Ma un matematico puro. Un amante della volta celeste. Un uomo in grado di anteporre le sue passioni a tutto se stesso, alla sua storia e la sua stessa ascendenza che non è quella dell’oroscopo.
Azeglio Bemporad nasce a Pisa e si dimostra da giovanissimo un eccellente studioso, così tanto che nel 1904 viene chiamato dall’università di Catania per un incarico di prestigio, come assistente sia chiaro, una sorta di contratto a progetto dei giorni nostri. Ma questo basta. Siamo all’inizio del secolo e quello a cui è chiamato è forse il primo progetto di cooperazione tra Stati. Venti Paesi chiamati a ricostruire la volta celeste in ogni più piccola stella per farne un’unica mappa. Il progetto è ambizioso e in Italia la città prescelta è Catania,con i suoi due, e forse anche tre osservatori compreso quello sull’Etna, e Bemporad dovrà lavorare a questo. È una Catania che brilla quella di cui stiamo parlando, l’unica ad avere la cattedra di astrofisica e quella di vulcanologia e l’unica ad avere la Specola. Era stata fatta costruire da Pietro Tacchini nell’ex convento dei Benedettini sopra l’antirefettorio e venne dotata di un telescopio rifrattore. Insomma dettagli a parte, Catania aveva tutto e, con Bemporad, anche la quadratura del cerchio.
Il lavoro comincia e procede benissimo, così tanto che Bemporad viene chiamato al Regio Osservatorio di Napoli come titolare di cattedra nel 1912 ma i suoi studi proseguono in tutti i modi anche a dispetto di assistenti lavativi come Aurino che però era anche il vice segretario del partito fascista a Napoli. Eh già, la storia prende una brutta piega. Bemporad era ebreo ma aveva anche la tessera fascista ed era questa che gli permetteva di lavorare per lo più in un settore in cui i finanziamenti pubblici erano fondamentali per andare avanti. E riguardo a questo non si sa, non si capisce, se fosse fascista perché ci credeva davvero o per opportunità. Una cosa che neanche la sua famiglia accettò e forse per questo le sue spoglie si trovano adesso al cimitero di Catania, quasi nascoste, e non nella terra promessa dove i suoi figli si sono trasferiti da decenni.
Insomma Bemporad studiava, catalogava le stelle, le suddivideva per grandezza, luminosità e colore e le posizionava in quella mappa con una precisa distanza dalla Terra quale frutto di calcoli – inimmaginabili adesso – fatti a mano. Aurino sì e no di calcoli ne faceva uno a settimana ed era una fortuna se risultava corretto. Ma guai a contraddirlo. E guai furono in effetti per Bemporad. Quest’uomo che oltre a parlare con le stelle aveva tradotto Ermanno e Dorotea di Goethe e un poeta tedesco con una chiara apologia al fascismo si ritrova all’improvviso senza tessera e senza nulla. È il 1937. Ci vogliono lettere e preghiere ma poi riesce a riaverla, solo per un anno però. Con l’emanazione delle leggi
razziali la tessera gli viene tolta definitivamente. Eppure Bemporad si sente parte integrante di quel “credere obbedire e combattere” che scandisce il pensiero fascista e scrive al Duce una lettera straziante specificando, sottolineando, rimarcando che lui li ha messi tutti in pratica quei diktat. In ogni momento della sua vita, in ogni calcolo del suo lavoro, in ogni riga tradotta. A lui spetta quella tessera anche se ebreo, perché i fatti che prova in quella lettera sono la testimonianza dell’alto valore di cui si è coperto. E aggiunge che riuscirà a completare il suo lavoro con il favore del Duce e di quanti gli sono vicini. E avrà ragione, ma solo sulla seconda parte. Il Duce non se lo sogna nemmeno di accontentarlo forse anche perché a Napoli era stato etichettato come “rompicoglioni”. Sì sì, proprio questo dicono sul palco Pamela Toscano e Carlo Ferreri mentre raccontano la storia, volutamente occultata, di Azeglio Bemporad. Perché nessuno – avanti, pochissimi – a Catania sanno chi fosse e cosa ha regalato la sua passione alla nostra città. Perché lui non si ferma e sarà Favaro dell’Università ad aiutarlo nel concludere il lavoro e a nasconderlo al fascismo nella sua casa di Adrano. Nasce così la storia dei pizzini che i due si scambiano per confrontare calcoli e studi. E il lavoro verrà concluso ma non a Bemporad ne verrà data la paternità. Una storia a cui in Italia siamo abituati purtroppo.
Una storia in cui la meritocrazia va a passeggio al mare mentre altri si prendono gli onori. E intanto c’è la guerra, quella vera che non lascia scampo. Certo a Catania forse è meno guerra che altrove, ma sempre guerra è. La moglie Anita si ammala di cancro, viene ricoverata in ospedale e Bemporad si fa 36 chilometri al giorno per andarla a trovare di nascosto. Anita non ce la farà. E lui rimane ancora più solo. Nel 1943, dopo lo sbarco degli alleati, l’Università di Catania chiede il reintegro di Bemporad e lui scriverà l’ultima lettera per comunicare che sarebbe tornato solo a patto di leggere e tradurre i salmi ebraici. Ed è quasi un fulmine a ciel sereno, una sorta di ribaltamento delle parti in nome di un ordine che mette i puntini giusti su quelle famose i: quell’uomo aveva idolatrato il fascismo perché quello solo avrebbe potuto fare per raggiungere il suo obiettivo. Fece bene? Fece male? I fatti dicono che Catania fu l’unica città, insieme a Parigi e Praga, a completare la carta del cielo. Bemporad muore l’11 febbraio del 1945 e senza quei pizzini ritrovati per caso noi non avremmo saputo nulla di lui. Nulla.
Lo spettacolo-documentale prodotto da Officine Culturali è frutto del lavoro certosino di due anni di lavoro condotto anche da Claudia Cantale. Le musiche sono di Massimiliano Pace le voci registrate di Luca Biagini ed Evelyn Famà. Ci sono buone probabilità che lo spettacolo verrà rimesso in scena il Giorno della Memoria, il 27 gennaio. Non perdetelo.
Monica Adorno