Malaponti: “La nuova offerta regionale non prevede alcun collegamento con gli aeroporti di Catania, Trapani e Comiso. Questi i nuovi tempi del trasporto regionale ferroviario: Ragusa-Catania 6 ore e 8”, Caltagirone-Gela 8 ore e 29, Caltagirone-Ragusa in 9 ore e 48”
Catania – “Perdite di coincidenze, fermate soppresse e tariffe più alte; sono enormi i disservizi che si troveranno di fronte i pendolari siciliani già da oggi. Ebbene sì, il contratto tra la Regione Siciliana e Trenitalia, dal costo di 1 miliardo e 400 milioni di euro, deve ancora essere firmato (dovrebbe accadere entro la fine del 2015 n.d.r.), ma i nuovi orari e le nuove tratte di Trenitalia sono già in funzione sul territorio regionale da questa mattina”. Parte così la denuncia del Movimento 5 Stelle che ha elencato, in conferenza stampa a Catania, i principali nodi critici dell’accordo che il governo Crocetta si accinge a firmare, e che resterà in vigore per i prossimi 10 lunghi anni, a cui si devono aggiungere due anni di contratto ponte, portando nelle casse della società anche tutti i proventi della bigliettazione (circa 75 milioni di euro l’anno). Dietro ai microfoni, questa mattina, Valentina Zafarana e Angela Foti, parlamentari all’Ars del M5S, oltre al presidente del Comitato Pendolari Siciliano Giosuè Malaponti.
“Assenza totale di programmazione di spesa sulle tratte ferroviarie siciliane per il prossimo decennio – denuncia Zafarana – pochi o nulli gli investimenti, e nessuna accessibilità o ammodernamento per abbattere le barriere per i disabili. Su 1,4 mld di costo del contratto a carico della Sicilia, solo 40 milioni saranno destinati in autofinanziamento all’acquisto di treni”.
La deputata Cinquestelle parte da un confronto con il contratto stipulato nel lontano 2009 da TrenItalia con la Regione Toscana, dove si contano 774 km fondamentali e 655 di linea complementare (1.476 km in esercizio) di cui 794 a doppio binario. Ricordiamo che la Sicilia conta 1.378 km di linea ferrata in esercizio su 1.556 km totali di cui 178 a doppio binario.
“Più di sei anni fa, – afferma Valentina Zafarana – la principale società italiana per la gestione del trasporto ferroviario, assicurava alla regione del Centro Italia investimenti e servizi che possiamo definire civili; oggi, in Sicilia, vengono garantiti disservizi sicuri, praticamente da terzo mondo”. “Sempre in Toscana, – continua la parlamentare – TrenItalia garantisce investimenti pari a 30 milioni annui, con un impegno di acquisto di 23 treni in 5 anni; in Sicilia solo tre milioni di euro l’anno andranno in investimenti, con cinque treni in più in 12 anni. E ancora, nel contratto della Toscana del 2009 ci sono pure due punti in più che non esistono nel contratto siciliano; si tratta dell’informazione alla clientela e dell’affidabilità (un parametro che si ottiene tra ritardi ed efficienze e che permetterebbe al pendolare di poter avere un bonus, qualora l’affidabilità non sia sufficiente) e gli stessi servizi di pulizia, che nel nostro contratto sono genericamente indicati. Insomma, – conclude Zafarana – abbiamo di fronte un contratto scritto “con i piedi”, del quale non capiamo logiche ed interessi; ma, soprattutto, assistiamo con le mani legate a un percorso portato avanti dietro le quattro mura di un assessorato, senza alcuna concertazione. Non c’è stata alcuna interlocuzione con, ad esempio, il Comitato Pendolari o i sindacati”.
“Un vero pacco e contropaccotto, tutto a spese dei cittadini siciliani, – interviene Angela Foti – infatti, sono enormi gli obblighi per la Regione mentre vengono assicurate a Trenitalia infinite vie di fuga su standard di qualità e controllo. Si tratta di un accordo unilaterale e osceno in pieno stile Crocetta. Viene fatta la cresta su tutti i servizi, e a pagarne le spese saranno tutte le categorie sociali che d’ora in avanti, per i prossimi restanti undici anni anni, vedranno andare in fumo diritti primari ed elementari. Sembra sia stato scritto di proposito – conclude – per far sì che la Regione rimanga in uno stato di arretratezza cronica. Il contratto nella sua forma presenta profonde differenze con le altre regioni dove ben chiari sono gli obblighi anche in merito ai servizi sostitutivi e alla sicurezza a bordo”.
Interviene con numeri alla mano il presidente del Comitato Pendolari Siciliano, Giosuè Malaponti. “La nuova offerta regionale, è bene dirlo ai turisti e ai viaggiatori isolani, non prevede alcun collegamento con gli aeroporti di Catania, Trapani e Comiso. Sei ore e 8 minuti, nonché tre cambi, per raggiungere Ragusa da Catania; Caltagirone-Gela in 8 ore e 29, con tre cambi; oppure 9 ore e 48 minuti per percorrere la tratta Caltagirone-Ragusa; sono questi i nuovi numeri del trasporto regionale ferroviario”.
Malaponti continua sciorinando ritardi e soppressioni, viaggi della speranza e quelli dove ormai la speranza non c’è più. “I famosi treni veloci Catania-Palermo, per esempio – continua il presidente del comitato pendolari – hanno registrato in soli sei mesi, ben 27mila e 868 minuti di ritardi; e su 2095 treni totali, 3800 km sono stati soppressi. Vogliamo conoscere nomi e cognomi dei funzionari regionali del IV sevizio trasporto ferroviario, responsabili del contratto di servizio; – afferma Malaponti – dovranno essere loro, infatti, a raccogliere gli infiniti reclami che si registreranno già da oggi”.
Mercoledì e giovedì, 16 e 17 dicembre, si terranno due audizioni nelle commissioni parlamentari Bilancio e Ambiente all’Ars, volute dal Movimento 5 Stelle che chiede una concertazione urgente tra le parti interessate, quindi anche i comitati pendolari. “Hanno perso un anno per partorire qualcosa che sa più di aborto, – concludono Foti e Zafarana – potranno “perdere” qualche giorno in più per ascoltare i bisogni dei cittadini e riformulare un contratto che vada oltre l’indecenza causata da quello attuale”.
E la battaglia è stata portata anche alla Camera. Il deputato Francesco D’Uva, infatti, ha presentato una mozione a Montecitorio che impegni il ministero a garantire uguali diritti, e quindi uguali servizi, in tutto il territorio nazionale. “La Toscana come la Sicilia, è questo il concetto, – afferma il deputato alla Camera Francesco D’Uva – non siamo figli di un Dio minore né cittadini di serie B”.