Nel Dipartimento di Scienze Politiche di Catania tante voci e un incontro per ricordare Ravensbrück, il “lager delle donne” creato da Himmler nel 1938. Un campo che ospitava donne “non conformi” spesso utilizzate come prostitute negli altri campi di concentramento nazisti. Su 110.000 deportate si stimano circa 92.000 vittime
Catania – Picchiate e spesso stuprate, divorate dai pidocchi, senza denti, coperte di stracci. Succedeva a Ravensbrück, il campo dal clima glaciale, così come di ghiaccio erano le intenzioni dei nazisti che lo trasformarono in un lager per lo sterminio di sole donne. In quell’atroce “ricovero” morirono circa 92 mila donne.
L’Anpi, l’associazione dei partigiani, la Cgil e l’Udu, l’Unione degli studenti di Catania, hanno dedicato la Giornata della Memoria alle stragi del campo di “rieducazione” per le donne costruito nel 1939 e trasformato in un secondo momento in campo di concentramento con l’obiettivo specifico di eliminare le donne “non conformi” (prigioniere politiche, antifasciste, socialdemocratiche, testimoni di Geova, lesbiche, rom, prostitute, disabili).
L’incontro, tenutosi ieri pomeriggio nella facoltà di Scienze politiche, ha offerto l’opportunità di conoscere dati storici, riflessioni, letture, e anche immagini e coreografie dedicate al ricordo del campo, curate dai ballerini Alessandro Caruso e Roberta D’amico. Ad aprire i lavori è stata la presidente dell’Anpi Catania Santina Sconza. Sono intervenuti il docente Rosario Mangiameli, il responsabile ANPI SUD Enzo Calò, il segretario generale della Camera del lavoro Giacomo Rota, la segretaria confederale della Cgil Pina Palella.
Santina Sconza ha ricordato il significato della Giornata della memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno per ricordare le vittime dell’Olocausto così come deciso da una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2005. Ma dire 27 gennaio significa anche dire Resistenza – ha ricordato la Sconza – e i valori ad essa correlati e cioè libertà, democrazia e tutti i contenuti della Costituzione italiana. Anche Rota ha voluto sottolineare l’importanza di un evento come questo per la Camera del lavoro di Catania, che sempre lavora in tandem con l’Anpi per coltivare la memoria.
Ma perché scegliere proprio il caso Ravensbrück? “Perché il quel campo l’intenzione era sin dall’inizio quella di ‘rieducare’ donne considerate fuori dalla norma, per poi sterminarle – racconta Pina Palella -. Le donne furono uccise e violentate con modalità variabili; spesso furono usate come cavie. Solo il 10 per cento di loro erano ebree, per il resto erano donne considerate fuori dagli schemi nazisti, moltissime delle quali tedesche o residenti in altri Paesi d’Europa. In ogni caso, in quanto donne, erano considerate inferiori e potenziali oggetti di qualunque violenza”.
Eppure la memoria, il ricordo di quegli atti e di quegli anni è ancora l’unico antidoto a quella violenza, come ha spiegato Calò: “Con la memoria possiamo compiere l’oltraggio più grande al fascismo e al nazismo. Non era un caso se nella “notte della nebbia” i nazisti cancellavano tutto al loro passaggio: case, persone, reperti, case, persino animali.
Ricordare tutto questo, ricordare la storia significa contrastare quei gesti, quegli orrori. I conti con la storia purtroppo non sono ancora finiti. Chiediamo ancora oggi agli storici di cercare la verità. Invece, al contrario, andiamo contro la mistificazione di quanto accadde in quegli anni”.
Per il docente Mangiameli, ringraziato pubblicamente da Santina Sconza per il grande apporto di intellettuale e storico concesso generosamente ai dibattiti organizzati dall’Anpi, “C’è in atto un’opera di riduzionismo e non a caso. Oggi gli autoritarismi sono più furbi, si muovono agevolmente tra il rumore. La strategia è quella di ridurre quanto successe a poche cose. Nei giornali di questi giorni sembra che la Giornata della memoria sia solo da dedicare alla immane tragedia della deportazione razziale, alla Shoah, ma se andiamo a guardare la legge, che ne istituisce la Giornata il 27 gennaio, troviamo non solo i deportati per motivi razziali ma anche altre tipologie di vittime che hanno sofferto la deportazione, e tra questi, in Italia ci furono tanti antifascisti e partigiani. Le cifre sono ancora in discussione”.
Il Campo di concentramento di Ravensbrück, era una lager nazista, situato a 90 chilometri a nord di Berlino, sulla riva del lago di Fürstenberg/Havel costruito su ordine del Reichsführer delle SS Heinrich Himmler in una proprietà dello stesso Himmler. Venne aperto ufficialmente il 15 maggio del 1939 e contava già 2.000 prigioniere, per lo più austriache e tedesche. Per il freddo che si pativa in questo campo venne battezzato “la piccola Siberia di Meklenborg”.
Ravensbrück fu anche il posto in cui iniziarono (nel 1942) esperimenti “medici” sulle internate che vennero utilizzate come cavie per sperimentare farmaci in grado di curare la cancrena che (alle cavie) veniva procurata di proposito.
Il campo di Ravensbrück fornì anche circa il 70% delle donne impiegate come prostitute nei bordelli interni di altri campi di concentramento.
Si stima che tra il 1939 e il 1945 il campo di Ravensbrück abbia ospitato circa 130.000 deportati, dei quali 110.000 donne. I documenti sopravvissuti alla distruzione da parte delle autorità del campo indicano circa 92.000 vittime. (fonte Wikipedia)