L’assessore regionale Anthony Barbagallo propone un percorso federiciano “La via dei castelli dell’Etna”, mentre si perde uno dei castelli più significativi del Duecento
Potrebbe essere il simbolo della Sicilia a due facce, a due velocità. Federico II di Svevia, lo Stupor mundi è al centro della cronaca di questi giorni per due vicende contraddittorie, che mettono in evidenza molte storture tipiche della gestione dei beni culturali dell’Isola: da una parte, se ne vuole valorizzare la figura storica, e con questa i lasciti importanti che costellano il territorio siciliano, mentre dall’altra si lascia che tempo e incuria devastino uno tra i più importanti manieri del periodo federiciano. Accade tutto nello stesso tempo: negli stessi giorni in cui l’assessore regionale al ramo, Anthony Barbagallo, annuncia l’avvio del progetto “La via dei castelli dell’Etna”, un percorso di differenziazione dell’offerta turistica che l’assessore ha inteso avviare sin dal suo insediamento, attraverso l’individuazione di una serie di percorsi storici, culturali, monumentali, enogastronomici, che mettano a sistema, da un lato le enormi risorse del patrimonio architettonico siciliano e, dall’altro, le eccellenze nel mondo delle produzioni alimentari, la Procura della Repubblica di Siracusa pone sotto sequestro il monumento che si affaccia sulla penisola di Augusta. Una decisione presa a seguito delle indagini eseguite dai Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale, che ha portato contestualmente all’iscrizione nel registro degli indagati del presidente della Regione, Rosario Crocetta, oltre che dell’ex governatore Raffaele Lombardo e dei dirigenti regionali Gaetano Pennino, Rino Giglione, Sergio Gelardi e Gesualdo Campo. Al governatore contestato anche il danneggiamento del patrimonio archeologico storico e artistico e di omissione di lavori in edifici che minacciano rovina.
L’indagine è infatti scaturita da una denuncia dell’associazione Italia Nostra che aveva segnalato gravi danneggiamenti strutturali del Castello che, secondo gli esponenti dell’associazione, sarebbero dovuti essenzialmente alla mancata manutenzione e all’abbandono del monumento da parte della Regione Siciliana. Interventi non eseguiti che, secondo gli esperti della Sovrintendenza ai Beni culturali, avrebbero potuto mitigare le lesioni esterne dell’immobile, dovute invece, sempre secondo l’accusa, “all’omissione dei lavori necessari che costituiscono la causa del deterioramento”.
Insomma, da una parte si valorizza il patrimonio storico, archeologico e culturale, mentre dall’altro lo si lascia marcire, lo si abbandona all’incuria e all’azione del tempo, rischiando – perché è quello che si rischia nel caso del Castello di Augusta, di vederlo scomparire. Perché, è almeno dal 2011 che le associazioni locali, e non solo, lanciano l’appello a tutte le istituzioni, per salvare il maniero. Eppure, in cinque anni, nulla è stato fatto per recuperare il bene, oggi sotto sigilli. Nonostante nel 2010 il gruppo PartecipAgire – che annovera, tra le altre, la sezione dell’associazione Natura sicula di Augusta, l’associazione Màrilighèa e “Studenti non indifferenti – ha inviato al prefetto di Siracusa, alla Soprintendenza ai Beni culturali e artistici di Siracusa e al sindaco del Comune di Augusta, una lettera per segnalare la delicata situazione e invitare ad attivarsi immediatamente per tutelare il complesso monumentale e del parco del Castello Svevo, scongiurando altri crolli tramite un intervento di consolidamento efficace e risolutivo. Una denuncia simile, poco tempo prima, era già stata fatta dall’ex sovrintendente della provincia aretusea Mariella Muti.
M.T.