I lunghissimi i tempi della giustizia italiana ridicolizzati dagli americani che offrono solo un esiguo risarcimento. Nas 1 chiude le porte in faccia sia al reintegro sia al pignoramento risarcitorio imposto dalla Cassazione a favore del sig. Cocuzza
Catania – C’è una piccola guerra in atto tra Italia e la base Usa di Sigonella e riguarda un problema di lavoro non certo di poco conto. Circa 16 anni fa il sig. Cocuzza, dipende come vetrinista presso la base americana, era stato licenziato ingiustamente. Non è Cocuzza a dirlo ma la giustizia italiana che, raggiunti e conclusi i tre gradi di giudizio, ha disposto il reintegro del Cocuzza nel posto di lavoro e, alla fine, il pignoramento risarcitorio che Cocuzza, in compagnia dei suoi legali, dell’ufficiale giudiziario e dei carabinieri, ha cercato di porre in essere per ben due volte contro la base di Sigonella Nas 1. Ad ora però tutto viaggia sul filo di un assordante “nulla di fatto”. Ma ci sono voluti ben 16 anni per arrivare a sentenza che riguarda una vertenza di lavoro che, in un Paese forse un po’ più civile, avrebbe dovuto essere emessa in tempi molto più ristretti. Non due giorni magari, ma due-quattro-sei mesi un anno, sì.
Ecco gli ultimi passaggi della vicenda, nuovamente saltata, della trattativa Cocuzza – Sigonella. Nel corso dell’incontro tenutosi lunedì tra le parti, Cocuzza ha ribadito l’intenzione di essere disponibile a un eventuale nuovo accordo mantenendo però la prerogativa del reintegro nel luogo di lavoro, così come deciso dalla legge italiana. “Ma alla fine, il tutto si è risolto con una offerta solo di natura economica, ma decisamente ridicola, pronta ad essere erogata in tempi brevissimi e in un’unica soluzione – spiega l’avvocato del lavoratore catanese, Concetta La Delfa -. Gli americani hanno messo incredibilmente insieme pregresso, presente e futuro, senza considerare gli stipendi perduti e senza considerare i versamenti pensionistici futuri, visto che Cocuzza ha cinquant’anni e non gli sarà facile trovare una nuova occasione lavorativa sufficiente a ripagarlo anche da un punto di vista pensionistico. Il mio assistito è stato costretto a rifiutare la proposta, accompagnato da un forte senso di amarezza”. All’incontro hanno partecipato l’ex lavoratore di Sigonella e il suo legale da un lato, e i due legali in rappresentanza degli americani, il rappresentante legale dell’ambasciata Usa a Roma e la rappresentante del Dipartimento americano in Europa, dall’altro.
Lunedì scorso, dopo i due tentativi andati a monte, Cocuzza si prepara a un terzo tentativo per cercare di riscuotere quanto gli spetta come risarcimento economico per ordine della giustizia italiana (sentenza definitiva di Cassazione) ed effettuare il pignoramento risarcitorio.
Il primo tentativo, risalente allo scorso 12 febbraio, è stato interrotto solo perché il comandante di Sigonella si era impegnato per iscritto davanti ad un colonnello dell’aeronautica militare italiana, ai carabinieri e all’ufficiale giudiziario, a risolvere il problema in tempi rapidi. Ai militari era stata accordata dunque una ulteriore possibilità di dialogo che, come scrivono in una nota il segretario generale della Cgil, Giacomo Rota, la segretaria generale della Filcams Cgil Margherita Patti e Peppe Grillo del sindacato del commercio, turismo e servizi catanese, “purtroppo ad oggi non è stata applicata nei fatti. Il secondo tentativo di Cocuzza risale infatti a quattro giorni fa, quando venne fissato un nuovo appuntamento tra le parti a fronte di una posizione possibilista ufficializzata dai vertici di Sigonella con incoraggianti proclami alla stampa e all’opinione pubblica; posizione che però non si è rivelata favorevole al lavoratore. Lo vogliamo sottolineare: Cocuzza si è visto costretto a rifiutare la controproposta americana. Oggi è stata di nuovo chiusa la porta in faccia ad una decisione della giustizia italiana che ha deciso che un lavoratore nostro connazionale venga risarcito e anche reintegrato nel posto di lavoro. Ma è in gioco anche il rispetto dei diritti di una persona che oggi, a 50 anni, deve ancora fare i conti con situazioni a dir poco spiacevoli. La Cgil e la Filcams, sebbene anch’esse subiscano da parte del governo americano lo stesso trattamento del mancato riconoscimento, rimarranno al fianco di Cocuzza, lottando con lui”.
Una giustizia troppo lenta
Ora, senza voler difendere nessuno ci sentiamo di fare alcune considerazioni: a parte gli sberleffi che la base americana sta attualmente offrendo alla legge e alla magistratura italiana, se questa storia fosse stata gestita in tempi umani il sig. Cocuzza avrebbe già saputo cosa fare del suo lavoro a Sigonella non a 50 anni, quanti ne ha adesso, ma a 34. Età che aveva quando è stato licenziato. Se così fosse stato, il sig. Cocuzza avrebbe potuto contare su un’età più adatta a re-immettersi nel mondo del lavoro e non gravata dalla crisi che attanaglia le imprese italiane dal 2007 a oggi. E Sigonella non si ritroverebbe a dover pagare 16 anni di stipendi arretrati.
Monica Adorno