Colori e profumi in quattro tappe con i piatti preparati da Carlo Sichel e Giulia Carpino e una degustazione dei vini doc della tenuta del Barone di Villagrande di Milo
Pochi passi prima di arrivare al centro di Milo un cartello color rame bruciato incontra il vostro cammino sulla destra e lo blocca con la sua scritta “Barone di Villagrande”. Si trova proprio sul margine di una piccola traversa e in quella vi invita a entrare, prima di condurvi davanti a un portone rotondo che nasconde il cuore orientale della Sicilia, che si staglia in un unico panorama dalle pendici dell’Etna fino al mare. Il primo passo a piedi è su un prato che alterna il passo a lunghe assi di legno color miele. Tutto attorno mura in pietra lavica, una finestra che nasconde un tavolo da colazione, uno steccato in legno che si butta sui campi verdissimi di inizio giugno. Sulla sinistra una porta nasconde una cantina con botti altissime che si tengono compagnia in due file parallele, ma è sulla destra che l’occhio spinge il piede alla ricerca di quel gusto che faccia compagnia all’odore piccante che stuzzica il naso alle due del pomeriggio di una domenica pomeriggio che reclama “è qui il pranzo?”.
Una decina di scalini e la sala da pranzo si apre davanti a noi. Siamo in ritardo e i commensali hanno già iniziato ma c’è qualcuno pronto a metterti a suo agio. Con cosa se non con un calice di vino bianco, freddo e corposo? Lui si chiama Emanuele Fioretti ed è fiorentino di nome e di nascita. Versa un cru del 2013 Etna Bianco Doc, Barone di Villagrande, che attizza le papille e reclama un sorso e dopo un altro.
Il pranzo inizia e i piatti di Giulia Carpino e Carlo Sichel, che si esibiscono in una preparazione a quattro mani, arrivano subito. E poiché eravamo in ritardo i piatti sono due da gustare in rigoroso ordine. Il primo è un antipasto di Sichel e racconta i sapori del mare: sono seppie in umido sul loro nero con un assoluto di mandorle. Gusto delizioso e delicato impreziosito da un chicco di pomodoro ciliegino appena appassito. I colori si fondono tra loro ma mantengono la loro identità fino a quando i rebbi della forchetta non li scuotono per cercare il boccone perfetto. È in quel momento che il piacere del disordine mischia e confonde tutto in un gusto che sale al naso e al palato.
Ed è tempo di altro, accanto ci aspetta una lasagnetta, preparata da Giulia Carpino, al ragù di coniglio con crema di trunzo di Aci. È bella e squadrata appena appoggiata su un passato di verdure.
Il piatto migliore è senza dubbio il secondo preparato da Sichel: filetto di maiale affumicato e patate schiacciate con il condimento della pizzaiola. Sottili ma non troppo le fette del filetto che si rivelano morbide e succulente. Ad accompagnare questo piatto è un Etna Rosso Doc del 2014.
Il dolce spetta alla giovanissima Giulia Carpino che ha appena 23 anni ma sembra promettere un futuro stellato. Propone una rivoluzione della melanzana ma in versione mousse dolce composta tra due dischi di pasta ricoperti di cioccolato. In cima una confettura di pomodorino e lunghi fili di buccia di melanzana che rivelano di non essere cioccolato solo in bocca.
Il vino adesso non è più vino, diventa malvasia delle Lipari, Doc 2011. E malvasia lo è anche nei fatti: danza freddo in un bicchiere più che panciuto che ne esalta il gusto e il colore ambrato e raffinato. Scende solo, anche se a Catania diremmo con facilità “cala”. Ed è vero, perché un bicchiere non può bastare. E dopo non c’è un dopo, perché il dopo non importa più.
Monica Adorno