I risultati elettorali non lasciano dubbi, in Sicilia come nelle altre regioni. E si rafforza l’idea che chi ha votato M5S l’ha fatto per scelta politica e non come voto di protesta
Bisogna correre ai ripari. E in fretta. Con le elezioni regionali e le politiche dietro l’angolo al Partito democratico siciliano occorre più di una messa a punto. Il partito di governo perde consensi e quindi voti, aumentando la frattura con la base, già critica nei confronti della dirigenza, e il risultato – nazionale e locale – non lascia molti dubbi. Lo fa a Roma, lo fa a Torino, e lo fa anche nei due Comuni della provincia di Catania al ballottaggio: Giarre e Caltagirone. Nel Comune jonico la sconfitta della candidata ufficiale del Partito democratico al secondo turno – al primo il Pd ha dato l’appoggio a Salvo Vitale – Tania Spitaleri, è il risultato di una lotta fratricida evidente sin dall’inizio.
Il risultato del goffo tentativo, da un lato, di isolare i neo democratici, la corrente ex Articolo 4 di cui la Spitaleri è espressione, e dall’altro, di salvare il salvabile per conquistare il municipio, con la chiamata alle armi da parte del segretario provinciale Enzo Napoli che, all’indomani della sonora sconfitta di Vitale ha chiesto l’appoggio alla Spitaleri, è l’elezione con quasi il doppio dei consensi del “civico” Angelo D’Anna che, con fare machiavellico, ha indicato proprio Vitale come assessore designato. Dem in crisi, dunque.
Non fa eccezione Caltagirone dove a sbaragliare tutti è stato il candidato di centro destra Gino Ioppolo. Con un largo consenso, Ioppolo ha conquistato un Comune difficile, riuscendo a mantenere e aumentare il distacco del primo turno. Certo, il nuovo sindaco era appoggiato anche da movimenti dell’area opposta – vedi Sicilia Futura che a Palermo governa con Rosario Crocetta e a Catania con Enzo Bianco. E questo certo avrà fatto la differenza. Ma la sensazione che il voto sia stato anche una bocciatura del candidato Pd, Franco Pignataro, già sindaco di Caltagirone e ora riproposto quasi a voler ripetere le “primavere” di Bianco e Orlando, rimane. Così come quella che, la compagine democratica si stia velocemente sfilacciando.
Lo conferma il lungo post di Angelo Villari, assessore comunale a Catania, ex segretario della Cgil cittadina e animatore del gruppo Demosì. “I risultati negativi del PD in questa tornata elettorale rappresentano un forte segnale d’allarme che non può rimanere inascoltato – scrive. La perdita di fisionomia del partito, che ha smarrito i suoi principali riferimenti sociali, destano in molti di noi grande preoccupazione. È giunto il momento di cambiare passo! Il ceto medio, il mondo del lavoro, i giovani, i ceti popolari, tutti coloro che nelle comunità vivono un disagio economico e sociale pesante devono ritrovare nel PD la giusta sponda per avere risposte concrete e per cambiare la società, per renderla più equa e più giusta. Guai a mortificare questa prospettiva, avrebbe spazio il populismo e la demagogia. Nessuno pensi che il trasformismo porti risultati. Questo responso elettorale – conclude – ne è una chiara dimostrazione”.
Lui, Villari, in realtà, a Giarre ha vinto, dato che Vitale è proprio l’uomo sostenuto dall’area cigiellina del Pd. Ma la crisi in casa democratica, più che evidente, spaventa anche i più forti. Soprattutto in vista di un voto regionale sul quale incombe, sin dal 2012, il Movimento 5 Stelle. Non più antipolitica, ma scelta precisa e bocciatura evidente.
M.T.