Catania ombelico del mondo politico per quindici giorni, luogo di confronto e dibattito, ma anche di incongruenze locali proiettate su scala nazionale. E mentre Crocetta annuncia la sua ricandidatura, Faraone ribatte con con un laconico “Vedremo”
Big nazionali, esponenti locali, artisti nazionali noti e meno noti, fiumi di birra e di parole (citazione non dotta). La Festa dell’Unità ha aperto i battenti a Catania facendo della città etnea l’ombelico politico dell’Italia per due settimane, luogo di confronto e dibattito, ma anche di incongruenze locali proiettate su scala nazionale. Perché non sembra esserci maggiore contraddizione dell’Unità celebrata in casa Pd e, oltre tutto, in una piazza, quella siciliana prima e catanese poi, tra le più divise, antagoniste, frazionate realtà democratiche. Una festa che poi, dopo le notizie del blocco all’ingresso di alcuni oppositori al partito del premier Renzi, poi lasciati entrare, di democratico sembra aver poco. In ogni caso, la kermesse del Partito democratico – che fu del Pci ma quelli erano davvero altri tempi – va avanti in un giardino pubblico, il solo esistente a Catania, blindato per l’occasione.
Una manifestazione che di Unità sembra avere davvero poco: non solo la lotta sempiterna tra le correnti, quella dei renziani e quelli del cambio di casacca dell’ultima ora, evidenzia fratture profonde, ma anche sul futuro politico della Sicilia, chiamata al voto tra meno di un anno, si intravedono grandi spaccature. L’annuncio da parte del presidente Crocetta di volersi ricandidare, sebbene i volti siano rimasti impassibili e i sorrisi di circostanza, ha gelato i “compagni” del partito più variegato d’Italia. “Vedremo”, si è limitato a dire il segretario regionale Fausto Raciti, che ha liquidato come “normali” i battibecchi interni. “Le aree, le divisioni, il dibattito sono elementi sempre presenti in un partito – ha affermato ai microfoni della Rai -. Noi siamo comunque impegnati, tutti insieme, a governare questa regione e ci confronteremo su come presentarci agli appuntamenti elettorali che verranno”.
Crocetta bis niente affatto scontato, dunque.
Come pensare diversamente, poi, di fronte alle parole del sottosegretario Davide Faraone, nemico della prima ora del governatore, che ha parlato di Tso nel caso in cui avesse dato l’appoggio all’ex sindaco di Gela. Insomma, un’Unità che stride con la realtà, come da più parti evidenziato, come democratico stride con la mancata volontà di vero confronto politico – e il riferimento, prima che a Matteo Iannitti, “controllato” all’ingresso della Villa prima di essere autorizzato (pare da un dirigente del partito), è alla volontà manifestata inizialmente di impedire l’ingresso all’Anpi, l’associazione dei partigiani, contrari al Sì al referendum costituzionale, a cui fa riferimento proprio il titolo della manifestazione piddina, “L’Italia dice sì”. Tutto pare consegnarci lo specchio di un partito – e di un governo – all’apparenza aperto e inclusivo ma dal sapore autoritario. Un partito di sinistra al governo che sembra quasi la nemesi di un’Italia sempre scontenta e lamentosa che assiste, forse senza accorgersene, troppo impegnata a battibeccare, alla propria continua decadenza. Politica, sociale, etica. È vero che a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca spesso.
M.T.