Sit in dei lavoratori della Pubbliservizi e via Novaluce viene bloccata al traffico consentendo l’accesso solo ed esclusivamente ai residenti ma non ai lavoratori
Chi protesta ha più diritti degli altri? A Catania sembrerebbe di sì. Martedì mattina tutti quelli che lavorano in via Novaluce, nel tratto compreso tra l’uscita della tangenziale e la prima rotonda, hanno dovuto raggiungere il proprio posto di lavoro a piedi. Tra questi c’erano donne incinte, uomini e donne di una certa età, persino 75enni, e pure persone che per il loro lavoro hanno bisogno di scaricare merce di un certo peso. Quasi tutti i posti di lavoro compresi in questo tratto, ivi compresa l’ex sede della Provincia Regionale, dispongono di posti privati. Ecco perché non si capisce in che modo, il loro passaggio, avrebbe potuto nuocere in qualche modo alla protesta dei lavoratori della Pubbliservizi, giustamente, preoccupati per il loro posto di lavoro in bilico.
Il problema però non risiede solo nella protesta, che in qualunque altro paese civile andrebbe autorizzata e circoscritta, ma nei modi in cui è stata permessa, anche dalle forze dell’ordine che, in alcuni casi, sono stati, forse, troppo troppo solerti nell’impedire l’accesso a chi ne avrebbe avuto, invece, tutti i diritti.
Tra l’altro via Novaluce non è una strada periferica o secondaria, ma rappresenta uno sbocco importante della tangenziale che si imbocca da viale Mediterraneo e punto nevralgico del traffico che scende da alcuni paesini dell’hinterland. Ecco perché chiudere completamente al traffico un tratto di ottocento metri rappresenta un problema rilevante in una città che già soffre parecchio per una viabilità drogata. Come se ciò non bastasse, in questi giorni la città è paralizzata per i lavori di ripavimentazione che si stanno eseguendo in diversi punti: da piazza Europa a viale Africa e non solo. Insomma ancora una volta il caos è imperante. Ma non è solo questo il punto.
Il punto è che non possono esserci diritti di serie A e diritti di serie B. Se deve essere garantito il diritto di protestare – e deve esserlo! – deve anche essere garantito il diritto di arrivare nel proprio posto di lavoro a quanti hanno la fortuna di averlo percependo il proprio stipendio. Deve essere garantito il diritto di chi paga stipendi e tasse di vedere i propri dipendenti arrivare in orario e non col fiatone. Si devono, e ribadiamo il “si deve”, proteggere i diritti di chi fa ogni giorno il proprio lavoro con coscienza e senza dare fastidio a nessuno.
Martedì mattina, e visto che i lavoratori della Pubbliservizi hanno annunciato lo sciopero a oltranza siamo sicuri che questa situazione durerà ancora a lungo, abbiamo assistito a situazioni imbarazzanti che hanno persino rasentato l’abuso di potere e che vanno segnalate e raccontate. Sulla rotonda a valle da cui iniziava il posto di blocco, una solerte vigilessa, che pare si chiami Mercede, si è permessa di rispondere in modo assurdo a Maria Grazia, la titolare della gastronomia Di Cotte e di Crude che ha sede in quel tratto: “lei ha le gambe per camminare, le usi”. Che Maria Grazia abbia un parcheggio e magari anche merce da scaricare alla vigilessa non importa. E ci chiediamo se ha mai riflettuto sul fatto che sono i contribuenti a pagare il suo stipendio. Ma pare di no.
E non finisce qui. Non c’è stato verso di far capire alla zelante vigilessa che noi che volevamo passare abbiamo la sede del giornale poco prima dell’ex Provincia e che non avremmo neanche dovuto parcheggiare lungo la strada. Ma siccome secondo lei non eravamo residenti, la risposta è stata uguale per tutti: “Passano solo i residenti”. E io mi chiedo se i lavoratori non sono in qualche modo residenti nella sede di lavoro dove passano, se tutto va bene, almeno otto ore di lavoro. Mi chiedo perché la signora Maria Grazia dispone di un parcheggio privato davanti alla sua attività e di altri posti all’interno del condominio, quindi perché non è potuta passare? E c’è di più. Perché oltre a lei non sono riusciti a passare neanche i suoi clienti che hanno dovuto scegliere un altro posto dove pranzare. I soldi persi di una giornata, in altri casi, più che fruttuosa chi li ritorna a Maria Grazia? E non parliamo neanche delle scuse di cui avrebbe diritto e che meriterebbe pure la signora incinta che il marito non ha potuto raggiungere perché anche lei, ovviamente, aveva gambe buone.
E ancora. L’accesso è stato impedito anche alla fisioterapista di una invalida che risiede in via Novaluce. Follie? Secondo noi sì. In più ci piacerebbe capire perché un residente non sia libero di invitare qualcuno a casa sua per un pranzo o un caffè. Siamo sicuri che tutto questo sia lecito?
Monica Adorno