Leoluca Orlando Cascio, pur col secondo cognome abiurato, sempre professore resta e mi ha riportato sui banchi del Ginnasio ed esattamente alla lettura dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, prosecuzione dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, declinato in vernacolo siciliano, qualche secolo dopo, dal nostro Nino Martoglio.
E sì perché solo attribuendo alla follia le dichiarazioni del Professore – come lo chiamano a Palermo – si può giustificare il comportamento di un Ufficiale di Governo con fascia tricolore, Avvocato, professore di Diritto pubblico regionale, già consigliere giuridico di Piersanti Mattarella, che decide di non applicare una legge dello Stato votata dai due rami del Parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica.
Lucida follia per acquisire visibilità a buon prezzo o fine strategia elettorale di chi, per ragioni anagrafiche e collocazione politica, sa di essere arrivato all’ultimo possibile giro di giostra?
Purtroppo tale follia ha fatto proseliti, più o meno spontanei, ma tutti comunque dell’opposizione battuta in Parlamento e in cerca di altri campi di battaglia fra altri Sindaci e Presidenti di Regione. E mentre per i secondi esiste un appiglio per sottoporre la questione alla Consulta, pur dovendo applicare le legge, perché vigente; per i primi, i Sindaci cioè, sembra quasi che siano stati tutti colti da una vocazione al martirio – temo strumentale – e che stiano aspettando, come manna dal cielo, di essere denunciati e sollevati dall’incarico per potersi presentare alle prossime elezioni europee, come novelli Paladini, tanto per restare in tema, difensori del buonismo a spese degli Italiani, sempre e comunque.
Ma tornando all’Ariosto, al Boiardo e al Martoglio, che descrivono la follia di origine amorosa del povero Orlando, verrebbe da chiedersi, ma questa demenza collettiva, se non nasce da “un pilu di fimmina”, per dirla col Martoglio, vuoi vedere che ciò per cui bramano è un seggio a Strasburgo?
Se si continua a lasciar passare che un comandante di nave militare si vanti di aver ripetutamente disubbidito a un Ministro e che i Sindaci decidano di non applicare le leggi, non stupiamoci se in lontananza c’è chi intravede una anarchia, non troppo distante da alcune anime del Governo che vorrebbero un referendum permanente sul web.
Secondo me sbaglia il Viminale a non intervenire, perché la comprensione della strategia politica di lasciarli cuocere nel loro brodo, proprio per non farne dei martiri, non è alla portata di tutti e la gente non ha mai amato i “Re Tentenna”, specie in Sicilia, dove il grande Sciascia ci ha insegnato a chiamarli quaquaraqua.
Alfio Franco Vinci