Elmo Lear interpreta Carlotta nello spettacolo diretto da Sebastiano Mancuso e andato in scena al Must Musco di Catania con un ottimo riscontro di critica e pubblico
Catania – La Dolce Carlotta è un lui. E seppure, fuori dalla scena, risponda al nome di Elmo Lear, sul palco ha interpretato con avvenente evanescenza femminea il ruolo di protagonista della pièce “Piano piano dolce Carlotta” tratta dal romanzo di Henry Farrel, diretta da Sebastiano Mancuso e andata in scena sul palco del teatro Angelo Musco lo scorso fine settimana.
Lo spettacolo, durato circa 60 minuti, è stato presentato come un thriller psicologico e sebbene nei primi minuti si facesse fatica a prendere il ritmo della storia, le premesse e le promesse sono state mantenute. Tutte.
Carlotta è giovane, ricca e sospesa in una realtà che non c’è più e che è solo sua. Vive sola con la governante, Velma, cioè Antonella Scornavacca, in una immensa e decadente villa della Louisiana che aveva visto tempi migliori, perennemente rapita dal ricordo del suo amante morto decapitato anni e anni prima proprio in quella villa. Anche il ricco padre di Carlotta è scomparso ormai da anni e a fare compagnia alla dolce Carlotta ci sono solo le lettere anonime che la accusano della morte di quel suo amante che proprio lei aveva rubato alla legittima moglie.
Non è vita quella vita e non occorrerà molto per capire che tirare le fila di questa esistenza non è poi così difficile. Miriam, la cugina, interpretata da Loriana Rosto, sta muovendo le sue pedine da lontano: sia le lettere anonime, sia il controllo totale di Drew, Gaetano Festinese, suo ex compagno ma ancora, perdutamente, innamorato e succube di lei e, ancora, così vicino a Carlotta da poter vantare su di lei una immensa fiducia.
La storia che si racconta è tanto squallida quanto umana e alla base dell’iceberg c’è sempre la sete di denaro e potere. E così, con la scusa di un orgoglio ferito da vendicare, ci si concedono le più ampie bassezze.
Miriam manipolerà la vedova dell’amante, tramerà con Drew e lo soggiogherà, allontanerà Velma dalla sua padrona e drogherà Carlotta. Lo scopo è un TSO con una dichiarazione di incapacità di intendere e volere da imputare alla cugina. E così tutto il patrimonio sarà suo, di Miriam. E tutto sarà concluso. Ma le strade dritte non sono di questo mondo. Nulla andrà secondo i visibili piani dei protagonisti e tutto muterà nel breve e intenso suono di uno sparo.
«La trama dello spettacolo è “una trama dentro la trama” – ha scritto il regista Mancuso nelle note di regia – poiché i personaggi sono più o meno consapevoli di essere prodotti delle proprie menti, ma invece di ignorarsi o di sopprimere con coscienza le proprie azioni, ne danno libero sfogo mettendo in atto delle compulsioni. Si instaura, così, dentro la drammaturgia, un circolo vizioso: ossessione-ansia-compulsione». Il finale, basato sulla consapevolezza di una non-colpevolezza di Carlotta, disorienta i personaggi. Cercheranno di resistere e pur soffrendo proseguiranno verso il loro obiettivo. La follia ragionante che si creerà e gli effetti che produrrà non li sveleremo. Daremo al regista la possibilità di tornare, perché lo spettacolo lo merita senza dubbio, e agli spettatori di seguire la trama senza l’inconveniente di una fine nota.
Una menzione va a chi ha contribuito alla realizzazione dello spettacolo: Davide A. Toscano aiuto Regia, GiamPiero Nicita visual e abiti, Luigi Galatioto Light Design e ultima, ma decisamente non ultima, Francesca Nicosia che ha curato la scenografia. Produzione Compagnia Absinthe Teatro – Must-Musco Teatro.
Monica Adorno