La notizia è arrivata una ventina di minuti prima delle nove di oggi e anche se da giorni il pensiero andava spesso ad Andrea Camilleri, ricoverato nell’ospedale Santo Spirito di Roma, la sua morte mi è arrivata dritta al cuore. E mentre pensavo a tutto quello che quest’uomo ha regalato alla Sicilia, sono scoppiata a piangere come se Camilleri fosse uno della mia famiglia, il quinto nonno che non ho mai avuto. E forse lo è davvero uno di famiglia, non solo mio, ci mancherebbe, ma di ciascun siciliano. Di tutti quelli che ha descritto e a cui ha dato voce nei suoi libri. E di più se è possibile, perché Andrea Camilleri ha raccontato strade e panorami siciliani riuscendo a dare voce anche ai ciottoli bianchi che si incontrano nelle trazzere della provincia di Ragusa. In vent’anni di
storie del Commissario Montalbano è riuscito, unico, nell’impresa apparentemente impossibile di rilanciare la Sicilia e la sua cultura grazie a una nuova lingua e a un novello Sherlock Holmes di sicula maniera.
Caro Camilleri, quello che hai regalato a questa terra è infinito e bellissimo e molto molto prezioso e io spero che neanche una virgola andrà sprecata. E nel caso, ci batteremo affinché ciò non accada.
Grazie grazie grazie per tutto quello che hai fatto, per aver esportato la nostra cultura all’estero ma soprattutto in quella parte d’Italia che, con te, ha imparato ad amare la Sicilia. Foss’anche solo Montalbano. Io so per certo cosa hai lasciato a me e lo stringo forte in un abbraccio immenso che spero ti raggiunga.
E continuo a immaginarti con una sigaretta in bocca mentre mi tornano in mente le tue parole: “Nisciuna pausa può essere concessa in questa sempre più delirante corsa che si nutre di verbi all’infinito: nascere, mangiare, studiare, scopare, produrre, zappingare, accattare, vendere, cacare e morire”.
Fa buon viaggio Camilleri, noi non ti dimenticheremo.
Monica Adorno