Neanche un toscano nel Governo;
Neanche un renziano nella squadra;
Questo il mantra con cui Zingaretti &Co hanno voluto dare il segnale della discontinuità sia col governo Conte 1, sia con quello a guida Renzi.
Al contrario porte aperte ai portatori d’acqua (pardon voti) quali LEU e Italiani all’estero, perché questo nuovo governo sta in piedi con numeri risicati, specie al Senato.
E qui casca l’asino perché Renzi all’interno del PD deve sottostare alla disciplina di partito, mentre uscendone per fondare il PDR (Partito di Renzi), o comunque lo vorrà battezzare la Leopolda, i suoi 20 deputati e 10 senatori li muoverà come meglio ritiene sulla scacchiera della politica, con la P minuscola.
Ho letto i richiami di Conte, Zingaretti e degli altri pensosi del proprio “cadreghino”, come chiamerebbero a Milano le poltrone e gli strapuntini su cui si sono appollaiati, ministri, vice ministri, sottosegretari e grand commis del Conte 2, perché Renzi non lasciasse il PD.
fiato perso, il capolavoro di Modugno “resta cu me’”, non attacca più.
Come a nulla serve aver evocato oggi i fatti del 1922, e l’aver attribuito alle divisioni fra i partiti la salita al potere del fascismo.
Si sa quando le prediche non funzionano si evoca il “BA BAU” e “L’UOMO NERO”; non si sa mai. Ma, ancora una volta Renzi non ci casca.
Nel 1922 il Popolo italiano era alla disperazione ed alla fame e, si sa, come cantava Rita Pavone “un popolo affamato fa la rivolution”;
Un rischio che l’Italia non poteva correre, e allora poiché l’incarico di formare un governo lo conferiva un capo dello Stato non soggetto ad elezioni, la scelta cadde sulla formazione politica ritenuta più idonea.
Per i “nostri eroi” non c’è bisogno di tornare indietro di un secolo per comprendere la dinamica di quanto accaduto e di quanto altro è in divenire.
Basta analizzare i comportamenti del PSI ai tempi di Craxi, che con le sue percentuali ad una cifra divenne il capo del Governo, e possiamo immaginare la verosimile evoluzione del Renzismo.
Con la dote di 20 deputati e 10 senatori, di cui non mancheranno gli emuli, ciò che qualcuno pensava aver cacciato dalla finestra, rientrerà dall’ingresso principale con tanto di tappeto rosso, e tutti rispolvereranno l’accento toscano, tanto per non lasciare dubbi sul fatto che hanno risciacquato i panni in Arno.
Alfio Franco Vinci