Il nome del nostro Continente, EUROPA, affonda le radici nella mitologia.
Europa era una giovane bellissima, figlia di un re di una delle tante città stato del mondo antico.
Giove, che quando era fuori tiro di Giunone non se ne faceva scappare una, se ne invaghì, e, per non dare nell’occhio si trasformò in uno splendido toro bianco e, con la scusa di farla montare in groppa, la rapì e procrearono illustre prole, con Giove preso di grande delirio amoroso.
Perché mai al nostro Continente sia stato dato tale nome non è dato sapere, ma certo, conoscendo il pregresso, non è stata una scelta felice.
Questo il mito. La storia non è molto meglio.
Il nostro attuale assetto di Unione Europea non viene da lontano, ma è comunque riuscito a provocare una grave forma di delirio europeistico, che non tiene conto della realtà.
Scriveva Craxi vent’anni fa dall’esilio di Hammamet, che La neo costituita Unione Europea, patrocinata in patria dal ineffabile Romano Prodi, avrebbe prodotto solo impoverimento della Società, perdita di sovranità e di indipendenza e, profetizzava un futuro, per L’Italia, di crisi, stagnazione, disoccupazione, per effetto di un disastro accuratamente programmato.
E quindi il mito portato dal nome, ancora una volta produce delirio.
Se ci fossimo fermati in tempo con la struttura di Comunità economica europea (CEE) del 1957, logica evoluzione della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (CECA) del 1951, senza dar vita nel 1993 alla Unione Europea e nel 2.000 alla “moneta unica”, con un valore di cambio, guarda caso di un euro=un marco tedesco, oggi non ci troveremmo con la camicia di forza made in Bruxelles.
Il delirio europeistico ci ha portati a ciò, e, forse, solo con pericolosissimo e non auspicabile attacco di pazzia popolare potremmo riprenderci la nostra libertà, dignità e indipendenza.
Alfio Franco Vinci