Gli aforismi non sbagliano mai e quindi, per comprendere fatti ed eventi altrimenti incomprensibili, ad essi occorre far ricorso.
Uno famosissimo è “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” cui andrebbe aggiunto un altro di nuovo conio: “non c’è’ peggior cieco di chi non vuol vedere”.
Mi riferisco agli esiti delle recenti votazioni regionali e comunali che vedono oltre tre quarti delle Regioni con governi di centro destra e valanghe di Comuni certamente non di centro sinistra, e meno che mai pentastellati.
Quella di essere sordi e ciechi è una patologia gravissima, rispetto alla quale non intendo in alcun modo essere irriverente, o strumentalizzarne la valenza di impatto anche psicologica, e mi scuso con quanti hanno questo problema per averlo evocato.
I fatti però sono che, c’è chi non vuol vedere che fra il Paese reale, per intenderci quello cui è consentito votare per le regionali e le comunali, e quello ormai virtuale rappresentato in Parlamento,vi è un abisso incolmabile in cui, forze politiche ormai inesistenti nel Paese reale, mettono in scena squallide pantomime autoreferenziali, finalizzate esclusivamente a non determinare le condizioni rispetto alle quali gli italiani possano finalmente essere chiamati ad elezioni politiche.
E, per tornare all’aforisma, non si può essere sordi al punto da non sentire l’assordante disciplinato silenzio di quanti, senza far piazzate folkloristiche a base di pesciolini e bagnini d’alto mare, ogni qual volta possono, col loro voto dicono BASTA.
Gli italiani vogliono poter scegliere da chi essere governati;
Vogliono vivere con serenità e dignità nel proprio Paese e nel contesto internazionale.
È chiedere troppo?
Alfio Franco Vinci