A fine maggio si apriranno le urne per scegliere l’amministrazione di Catania e al momento solo una cosa è certa: il catanese medio è più confuso che persuaso. L’avvio della campagna elettorale sembra un tutti contro tutti che non lascia presagire nulla di buono per la città e per i suoi abitanti.
Lunga la lista d’attesa per salire sul carro del vincitore e nessuna prenotazione per il carro del “combattente”.
La questione di fondo sta nel fatto che, contrariamente a quanto appare, o traspare, dai messaggi dei rappresentanti dei partiti, è che Catania non è città da conquistare ponendo sul balcone di Palazzo degli Elefanti la propria bandiera, ma, piuttosto una città da amministrare, perché possa ritrovarsi nell’epigrafe sulla porta Ferdinandea: “melior de cinere surgo”, finalmente realizzata. E come sempre sentiamo parlare di lottizzazioni: “Quel partito avrà quel Comune, e quell’altro avrà, invece, quest’altro”.
Dovremmo prendere coscienza che la città, per essere amministrata con la cura del buon padre di famiglia, deve essa stessa far emergere i propri candidati, senza aspettare che siano Roma e Palermo a decidere per i catanesi.
In questa confusione al ribasso, almeno per come la vedo io, una voce mi pare fuori dal coro e, senza nulla a pretendere, per la mia età e la mia salute, sto studiando i contenuti delle due proposte che hanno attirato la mia attenzione.
Mi riferisco alle ultime due uscite pubbliche dell’avvocato Giuseppe Lipera, che non ho mai incontrato personalmente, anche se conosciamo i rispettivi scritti, e verso il quale la presente non costituisce endorsement.
Entrambe le proposte, una già sperimentata con successo molti decenni fa, l’altra, se genuinamente attuata, di fatto “fior di conio”.
La prima che dovrebbe vedere alla carica di vice Sindaco ed anche di componenti di Giunta, deputati al Parlamento nazionale e regionale, dove rappresentare, senza mediazioni o ambasciatori, le necessità, aspettative e progetti di una Città, cui difetta perfino l’ordinaria amministrazione.
La seconda la chiamata a raccolta delle rappresentanze dei professionisti e delle imprese, non perché portino voti e consensi, ma idee ed attuatori. Nella sua semplicità e linearità la formula mi pare positivamente rivoluzionaria, e scusate se è poco.
Alfio Franco Vinci