La storia dell’amore platonico per Beckett e di una sessualità repressa nei confronti del padre debutterà il 25 maggio alle ore 21 presso la Sala di Martino di via Caronda 82
Catania – Un omaggio teatrale a Lucia Joyce, figlia dello scrittore irlandese James Joyce. Lo spettacolo debutterà giovedì 25 maggio alle ore 21:00 presso la Sala di Martino in via Caronda, 82 a Catania.
Lo spettacolo dal titolo “Nel nome del padre” a cura del Centro Teatrale “Fabbricateatro” segnerà l’inizio della stagione estiva per la compagnia d’avanguardia catanese in attività da ben trent’anni. La “prima/anteprima” della pièce andrà in scena giovedì 25 maggio alle ore 21:00 presso la Sala di Martino sita in via Caronda, 82 a Catania con il contributo di Assessorato Turismo Sport e Spettacolo Regione Siciliana.
Un calendario fitto di appuntamenti, ben otto le repliche: 26 e 27 maggio ore 21:00, 28 maggio ore 18:00, 7 e 8 giugno ore 21:00 ed infine 11 giugno ore 18:00. L’ingresso ha il costo di 5 euro, un prezzo piccolo per una grande emozione a sostegno del lavoro e l’impegno della compagnia. E’ fortemente consigliato prenotare componendo il numero 347 3637379.
Lo spettatore assisterà all’intimo racconto della vita esemplare di Lucia Joyce – promessa della danza moderna – nata a Trieste la mattina del 26 luglio 1907 dall’unione tra lo scrittore, poeta e drammaturgo irlandese James Joyce e la letterata Nora Bernacle la quale confessò “di aver provato vergogna nell’aver partorito la figlia in strada con indosso un soprabito da uomo che la faceva assomigliare ad un mucchio di stracci”.
La vita di Lucia Joyce fu tragicamente segnata da un amore platonico nei confronti del drammaturgo e sceneggiatore irlandese Samuel Beckett, il quale sembrava essere più interessato al padre che a lei. La disperazione nata da quel forte sentimento non corrisposto segnò la prima incrinatura nell’equilibrio psichico della giovane Lucia che nel 1932 – dopo aver distrutto una sedia in testa alla madre – fu ricoverata in una clinica psichiatrica per decisione del padre. Da quel momento in poi la ragazza fu internata presso diverse strutture collezionando diagnosi discordanti e subendo terapie inutili tra cui quelle di Carl Gustav Jung il quale un giorno le disse: “I manicomi sono pieni di ragazze troppo legate ai padri se non innamorate di loro, bisogna a tutti i costi strapparti dall’orbita di tuo padre al quale sei unita da una relazione inestricabile di sessualità repressa e consonanza artistica. Tuo padre sfrutta l’oscurità della tua mente per il suo lavoro creativo”.
“Nel nome del padre” prende vita da un’immagine creata dal regista Elio Gimbo: “Lucia incontra i fantasmi degli ingombranti genitori intenta a graffiare il proprio nome sulla tomba di famiglia alla disperata ricerca del proprio posto. Tra il sogno e l’allucinazione psichica il trio rivivrà la vita in comune che gli appartenne, danzando tra le perle dei sogni di gloria realizzati e i cocci dei sogni privati infranti”.
La produzione è a cura di Elio Gimbo (regista), Giovanni Calabretta (interprete di James Joyce), Barbara Cracchiolo (interprete di Nora Joyce), Sabrina Tellico (interprete di Lucia Joyce), Bernardo Ferrone (scena) e Simone Raimondo (luci).