Una recente delibera della Corte dei Conti mette il dito nella vergogna (certo la magistratura contabile non usa questo termine, ma esprime il medesimo concetto) del contorto meccanismo, non ben conosciuto ai più, che fa sì che i soggetti ammessi (Stato, Chiesa Cattolica, Valdesi, ed altre confessioni) non ricevano le quote dell’8×1000 dell’Irpef di coloro che hanno espresso la loro preferenza, ma anche, proporzionalmente alle preferenze espresse, la quota di chi non ha espresso alcuna preferenza.
Il meccanismo funziona così. Si attribuiscono ai singoli soggetti destinatari le quote dell’8 per mille di chi ha espresso la propria indicazione [nel 2011, tale indicazione è stata espressa solo dal 46,1% delle denunce dei redditi: 37,9 % in favore della Chiesa Cattolica, 6,1% in favore dello Stato Italiano, 1,5% in favore della Chiesa Valdese, il resto (0,6%) in favore di altre confessioni religiose. La quota relativa a coloro che non ha espresso alcuna indicazione (il 53,9% del totale) viene ripartita tra tutti i soggetti aventi diritto in base alle percentuali delle indicazioni espresse.
L’effetto pratico è il seguente: la Chiesa Cattolica, con il 37,9% delle indicazioni esplicitamente espresse, riceve (dati 2011) l’82,3% dell’intera somma, e cioè 1.054 milioni su un totale di 1.279 milioni. In sostanza, l’8 per mille di quegli italiani che non ritengono di esprimere alcuna indicazione (il 53,9%) va per la massima parte destinato alla Chiesa Cattolica in virtù del fatto che le indicazioni espresse in suo favore, pur essendo state manifestate solo dal 37,9% del totale dei contribuenti, rappresentano l’82% di quelle espresse. Ciò spiega anche le martellanti campagne pubblicitarie della CEI, nelle quali si rappresentano preti e suore profusi in opere di bene: ogni incremento della percentuale di indicazioni espresse in favore della chiesa Cattolica, si traduce non solo nell’incremento diretto relativo a chi esprime un’indicazione in suo favore, ma anche nell’incremento della quota di attribuzione relativa all’8 per mille di chi non ha espresso alcuna indicazione.
Peccato che lo Stato Italiano non abbia mai svolto alcuna iniziativa promozionale per l’indicazione in proprio favore dell’attribuzione dell’8 per mille dell’IRPEF. È da anni che associazioni e gruppi laici segnalano l’incongruenza e l’incostituzionalità di un sistema che, oltre che ledere principii costituzionali, rappresenta un indebito finanziamento pubblico a Santa Romana Chiesa, che si aggiunge a molti altri (IMU, contributi alla scuola privata, etc.), senza che, nei fatti, si sia mai aperto un dibattito pubblico al riguardo.
La Corte dei Conti, con una delibera estremamente approfondita ed imparziale, censura pesantemente questo meccanismo (e molti altri aspetti riguardanti i rapporti economici tra Stato e Chiesa) e, soprattutto, censura, insieme alla mancanza di controlli, l’inerzia e il comportamento passivo dello Stato al riguardo: in definitiva, quello di chi amministra lo Stato, e cioè i governi che via via si sono succeduti. Anche questo caso, come quelli delle pronunzie della Corte Costituzionale riguardanti la legge elettorale, la legge 40, la Fini-Giovanardi, evidenzia quanto la nostra politica sia distante dalla concezione di uno Stato di Diritto, che deve esserle continuamente rammentata da parte di Istituzioni di controllo e garanzia, il cui ruolo si vorrebbe veder ridotto. Oggi, dalla Magistratura Contabile.
Gim Cassano