La presentazione del documentario “Gesù è morto per i peccati degli altri”, interamente girato nel quartiere di San Berillo, e presentato al cinema King di Catania è stata un bagno di folla per la regista, Maria Arena, la sceneggiatrice, Josella Porto, e le protagoniste. Ad aprire la serata è stato Alessandro De Filippo, docente di Storia e critica del cinema all’Università di Catania: «Sono rimasto sconvolto dalla profondità di quest’opera. Non è una storia univoca. C’è anche San Berillo, sventrato dalla speculazione edilizia in una transazione dal vecchio al nuovo lasciata in una incompletezza». Il documentario racconta la vita delle trans, travestiti e prostitute che vivono a Catania, nello storico quartiere che fino agli anni ’50 era il cuore commerciale e artistico della città. Davanti alla macchina da presa, le protagoniste narrano la quotidiana attesa dei clienti ma anche il rapporto con la fede. Tre i periodi religiosi centrali: le feste della madonna del Carmine, di sant’Agata e la Pasqua. Momenti intensi fatti di riflessione, preghiera e una via crucis lungo le stesse strade dove si prostituiscono. Spazio anche alle loro paure, ai soprusi e alle speranze in una vita migliore. Il tutto è sapientemente accompagnato dalla colonna sonora firmata da musicisti catanesi, sotto la direzione artistica di Stefano Ghittoni, con brani inediti di Kaballà, Cesare Basile, Agostino Tilotta, degli Uzeda e Salvatore Zinna.
Franchina, Meri, Alessia, Marcella, Wonder, Santo e Totino sono trans, travestiti e una donna che si prostituiscono da decenni nel quartiere San Berillo di Catania, un pugno di strette vie in rovina lasciate al degrado per 50 anni e oggi più che mai contese da interessi economici sempre più pressanti. Qui ricevono i clienti nei ‘bassi’, vecchie case sulla strada, ma oggi rischiano di ritrovarsi senza un tetto dove esercitare e di finire ancora più ai margini, nella strada statale Catania-Gela, un non luogo dove i cavalcavia sormontano la campagna catanese ai piedi dell’Etna. Queste prostitute lamentano l’assenza di una legge adatta che regoli la loro situazione e renda lecita l’esistenza di un quartiere a luci rosse di fatto ma illegale da più di cinquant’anni.
Sulla scia del cambiamento nel quartiere si presenta anche un politico che propone ai prostituti rimasti di cercare nuove strade, indirizzandoli verso un corso di formazione gratuito per badanti. Questa novità, che per alcuni è una “minchiata” (presa in giro), s’innesta ma non muta i ritmi della particolare comunità di San Berillo in cui il tempo è scandito dalle feste dedicate a Santi e Madonne più che delle stagioni. Come novelle Samaritane, le buttane di San Berillo si raccontano attraverso aperti dialoghi tra le vie del loro quartiere, rivendicano i loro diritti, presentano l’intimità delle loro famiglie e della loro solitudine davanti alla porta in attesa dei clienti. Chi sarebbero loro dopo la ‘riqualificazione’ del quartiere di San Berillo? A nessuno importa, ma per tutti è facile immaginarle accanto alle maschere troppo truccate che restano impresse al guidatore nelle strade a scorrimento veloce ai margini di ogni città.
Il documentario sta girando in diverse sale cinematografiche italiane ma tornerà al King lunedì 23 marzo.