Lo Stabile di Catania è senza soldi e la Regione che dovrebbe sborsarli pare che non abbia alcuna intenzione di farlo o che, per lo meno, in mezzo a tutti i casini tra cui si sta barcamenando (finanziaria, formazione, bilancio, forestali, differenziata) non abbia le risorse e la testa per poter elargire le somme destinate alla cultura. Il risultato sembra impietoso. E così la settimana scorsa in una sala concessa dalla Provincia Regionale di Catania al Teatro Stabile è stata fatta una conferenza stampa per denunciare la crisi in cui versa il teatro catanese. A denunciare lo stato di fatto la dott.ssa Costanzo del CdA, il direttore artistico Giuseppe Dipasquale, il presidente Nino Milazzo e il consigliere Raffaele Marcoccio che nella vita fa anche l’imprenditore e Orazio Licandro, assessore alla Cultura del comune di Catania.
Non tanti i presenti, a dire il vero, le sedie occupate erano poco più di una decina mentre Dipasquale spiegava che i programmi artistici si fanno con le risorse e che l’industria – perché questo è – culturale ha necessità di fondi e di attenzioni. Attenzioni che lo Stabile ha ottenuto in altre città d’Italia non con soldi sonanti ma con il successo delle sue produzioni: dal Piccolo di Milano al Quirino di Roma. “E non è stato un caso – ha commentato Milazzo – se alla prima di Good People a Roma erano presenti il presidente del Senato e della Camera. Aver escluso lo Stabile dai teatri di rilievo nazionale è stata una scelta arbitraria anche se i cavilli e i legacci che ci avrebbero legato a questa scelta sarebbero stati troppo pesanti”.
Ma il problema resta e la soluzione di fondere lo Stabile di Catania al Biondo di Palermo a Nino Milazzo sembra una bestemmia istituzionale. “Uno è un associazione, l’altro è una fondazione – ammette – per non parlare del problema dei rispettivi debiti che noi stiamo affrontando tramite l’Irfis grazie alla competenza di un commercialista che si è occupato del Bellini e dell’accensione di un mutuo ventennale”. Ma uno dei problemi che disturba di più in merito alla fusione è la governance. Insomma di chi sarebbe lo scettro, di Catania o di Palermo?
Intanto chi ne fa le spese sono i lavoratori che da mesi non ricevono lo stipendio e che sono entrati in stato di agitazione chiedendo scusa alla città per i disagi che questo potrà provocare. E sul fatto che la situazione sia politica pare che nessuno abbia alcun dubbio. La Regione è quella che nonostante i proclami, ha intenzione di tagliare le risorse mentre si muove con la lentezza di un pachiderma. E allora dal CdA dello Stabile si chiede aiuto a tutti. Anche al Comune che potrebbe mettere in atto la stessa politica di aiuti predisposta dal Comune di Palermo per il “suo” teatro. E Licandro ribatte che Catania farà la sua parte e che l’amministrazione intraprenderà le azioni che consentiranno di affrontare i nodi più urgenti e dolorosi in sede regionale. E dice di più, che forse quella “bocciatura” non fu poi così negativa e che “sperimentare, nei prossimi tre anni, le figure giuridiche più adatte per valutare la fusione con il Biondo di Palermo potrebbe essere la strada migliore. Bisogna allontanare il pessimismo e giocare tutte le carte”.
Anche ipotizzare una gestione privata dello Stabile di Catania sembra un’idea altrettanto assurda quanto la fusione. Un’idea che comunque avrebbe bisogno di tempo, ci rispondono Nino Milazzo e Giuseppe Dipasquale, e che non potrebbe garantire la sopravvivenza dell’ente solo con gli abbonamenti e lo sbigliettamento.
Intanto «ci troviamo costretti a indire lo stato di agitazione di tutte le maestranze – hanno dichiarato le forze sindacali rompendo gli indugi – del Teatro Stabile di Catania, con preavviso di sciopero a tempo indeterminato che scatterà nei prossimi giorni, a seguito del mancato pagamento delle quattro mensilità arretrate e dei premi maturati».
«Visto il perdurare delle condizioni in cui versa il Teatro Stabile di Catania – hanno continuato -, causate dal ritardo nel pagamento di parecchie retribuzioni e, di fatto, dal blocco delle erogazioni della Regione Sicilia, i lavoratori e i sindacati lanciano una nuova fase di protesta. Non possiamo fare altro, vista l’assoluta incertezza, nei tempi e nell’entità, del contributo che dovrebbe esserci assegnato dalla Regione Sicilia, che nonostante le dichiarazioni di facciata sembra intenzionato a tagliare le risorse destinate ai Teatri penalizzando, soprattutto, Catania; e considerato che ancora oggi si ritardano le procedure per l’assegnazione delle somme del fondo di rotazione destinato al risanamento dei debiti dei Teatri. Debiti che sono stati causati dai tagli dei contributi in corso d’opera.
Lavoratori e sindacati quindi «Si scusano anticipatamente per il disagio causato alla città e agli utenti, sicuri che capiranno le ragioni della nostra lotta solidarizzando con chi, come noi, non ha mai lesinato sacrifici per permettere alla cultura ed ai teatri catanesi di poter continuare a perseguire i propri scopi istituzionali».
Nel frattempo il sindaco di Catania, Enzo Bianco, ha convocato per lunedì prossimo, 13 aprile, nella Sala Giunta di Palazzo degli elefanti, i diciotto deputati regionali eletti nell’Assemblea regionale siciliana nella provincia etnea e i vertici del Teatro Stabile catanese e del Massimo Bellini. Tema dell’incontro sarà la situazione dei due teatri in vista dell’approvazione della Finanziaria regionale in cui saranno previste le risorse da destinare al Bellini e allo Stabile di Catania. Alla fine di marzo, incontrando i rappresentanti sindacali del Massimo, il sindaco di Catania, che è anche presidente del Cda del Bellini, aveva parlato dell’incontro con la deputazione regionale per affrontare il nodo dei finanziamenti.
Monica Adorno