Cinque arresti eccellenti eseguiti dalle Fiamme Gialle hanno scoperchiato un vaso di pandora fatto di strane permute tra auto e sentenze. Filippo Impallomeni, presidente dell’ottava Commissione Tributaria di Catania è attualmente ricoverato in cardiologia dell’ospedale Cannizzaro per un malore
Catania. È finito in ospedale a causa di un malore Filippo Impallomeni, il presidente dell’ottava sezione della commissione Tributaria provinciale di Catania arrestato ieri pomeriggio dalla Guardia di finanza per corruzione in atti giudiziari. Il giudice, 71 anni, è stato colto da malore ieri sera e ora si trova al reparto di Cardiologia dell’Ospedale “Cannizzaro” di Catania. Non deve essere stato facile nella sua posizione, indossare i panni dell’arrestato in esecuzione dell’ordinanza del Gip, Marina Rizza. Eppure su di lui pende l’accusa di avere favorito aziende riconducibili all’imprenditore Giuseppe Virlinzi, 77 anni, anche lui in manette, in contenziosi con l’Agenzia delle Entrate. Impallomeni avrebbe ottenuto in cambio da una delle aziende del gruppo Virlinzi, la Virauto, l’uso in comodato gratuito – per l’accusa, illegittimo – di alcune auto per circa cinque anni, alle quali venivano anche garantiti i costi di manutenzione, assicurazione, e riparazione in caso di guasti e incidenti.
L’uso dei mezzi sarebbe arrivato in cambio di una sentenza favorevole, con l’annullamento di un accertamento da oltre 80 mila euro dell’Agenzia delle Entrate, e altre due con tempi veloci: 4 mesi per rimborsi da 800 mila euro per il sisma del 1990.
Se il perito medico nominato dalla Procura giudicherà compatibile le condizioni del giudice con il trasferimento in carcere, per Impallomeni si apriranno comunque le porte di Piazza Lanza, così come avvenuto anche per gli altri arrestati di ieri: Giovanni Antonio La Rocca, di 76 anni, e Agostino Micalizio, 47 anni, rispettivamente, storico commercialista e direttore commerciale della Virauto. L’unico arrestato che si trova ai domiciliari è il cancelliere di 62 anni, Antonino Toscano, per favoreggiamento aggravato.
Il giudice per le indagini preliminari ha intanto fissato per dopodomani, 11 febbraio, gli interrogatori di garanzia.
Michelangelo Patané, che coordina le indagini con il sostituto Tiziana Laudani, allude a nuovi scenari: “Non è finita – ha detto – ed è una costola di un fascicolo più ampio”. Quando le Fiamme gialle, con il comando provinciale della Guardia di finanza e il Gico, hanno avviato controlli sulla Virauto e sulle sentenze del giudice, anche in maniera ‘scoperta’, sono scattate le intercettazioni ambientali. Dagli ascolti emergerebbe un tentativo di Impallomeni di cambiare una sentenza a favore di Virlinzi, anche se già pubblicata.
Secondo l’accusa, siamo di fronte “ad un consolidato accordo criminoso tra gli indagati, protrattosi nel tempo e volto ad assicurare sentenze favorevoli al gruppo imprenditoriale”; Impallomeni ”attraverso costanti contatti con il commercialista La Rocca e rivestendo sempre il ruolo di Presidente – relatore ed estensore delle relative sentenze -, provvedeva a redigere sentenze di accoglimento dei ricorsi presentati dalle società, garantendo in tal modo l’annullamento di accertamenti fiscali di rilevante ammontare. Di particolare rilievo una sentenza che, nel merito, è stata ritenuta del tutto illegittima in quanto basata su presupposti falsi, mentre in altri casi le sentenze di accoglimento dei ricorsi riconducibili al gruppo Virlinzi sono state emesse in tempi ristrettissimi”.
E poi ci sono i particolari che aggiungono ulteriore colore all’intera vicenda; sostiene la Gdf che ”su una delle due autovetture intestate alla concessionaria, il giudice Impallomeni aveva anche apposto un adesivo riportante lo stemma magistratura tributaria. La stessa concessionaria è stata utilizzata dal giudice anche per riparare l’autovettura della moglie, con spese, anche in questo caso, a carico del gruppo”.