Dopo l’attacco alla capitale belga anche Catania ha alzato i livelli di allerta: porte chiuse e controlli per tutti a Fontanarossa. Ma senza avvisare in alcun modo utenti e cittadini
31 morti (una vittima pare sia italiana) quasi 300 i feriti. Il bilancio dell’attacco all’aeroporto e alla metro di Bruxelles, non è ancora definitivo, ma basta per farci ripiombare nell’angoscia che abbiamo provato quando eravamo #Charlie, per l’attacco al giornale satirico Charlie Hebdo, o quando ci sentivamo di #prayforparis durante la strage al Bataclan. E questi sono solo i primi esempi che vengono in mente, altri ce ne sono stati e non solo in Francia.
Le bombe esplose all’aeroporto di Bruxelles, le raffiche di mitra, il kamikaze che si è fatto saltare in aria e le altre bombe esplose nella metro della capitale belga a pochi passi dal parlamento europeo ci stordiscono e inorridiscono e mettono in dubbio la certezza della nostra libertà a dispetto di quei confini che non si vedono ma ci sono. Siamo ancora in grado di decidere con serenità quando partire e dove andare? E soprattutto siamo davvero così lontani da quello che sta succedendo nella capitale politica dell’Europa?
Forse no, proprio no. Sarà perché il livello dall’allerta è stato alzato anche negli aeroporto italiani. Sarà per il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica che Alfano ha convocato ieri pomeriggio per discutere di questa strage. Fatto sta che l’Isis, che ha rivendicato questa ennesima strage, sembra più vicina anche a me. E per la prima volta anche Catania è sembrata vicinissima all’ombra nera di questi attacchi che è arrivata perfino sul cielo di Fontanarossa. L’aeroporto di Catania ha chiuso le sue porte ieri mattina (e sono chiuse anche oggi). Ha buttato tutti fuori – persino il personale dei negozi – e chiuso le porte. Solo dopo aver fatto uscire tutti ha iniziato i controlli per far entrare chi era munito di biglietto o il personale in forza all’interno dell’aerostazione. Gli altri tutti fuori, persino quelli che dovevano acquistare un biglietto. E nessuno, né la Sac né la Prefettura o chi per loro, si è preoccupato di comunicare le nuove disposizioni a media e cittadini.
La situazione è seria, non c’è dubbio. E persino chi fino a ieri si è detto fatalista e ha continuato ad andare dove le voglie e le possibilità lo riescono a portare, ha avuto un moto di stasi. Quasi uno stop. Un fermo immagine sull’home page di quella pagina che continuava a trasmettere immagini di gente ferita che scappava, del traffico bloccato nel centro di Bruxelles, delle urla di bambini spaventati, di autisti imbambolati che non sapevano cosa fare mentre il suono lungo e insistente della sirena dei vigili del fuoco chiedeva spazio e strada mentre una poliziotta urlava a tutti – ma senza fortuna – di mettersi da parte. Ecco proprio in quel momento anche quel fatalista disposto ad affrontare il futuro senza l’ombra di uno spavento, ha pensato per la prima volta che forse questo non è il momento per andare da nessuna parte. Proprio da nessuna parte. Quest’uomo ha torto o ha ragione? A prendere una decisione non aiuta sapere che sempre stamattina nella Prefettura di Catania “è stata convocata una riunione tecnica di coordinamento interforze nel corso della quale sono stati esaminati gli aspetti inerenti la sicurezza pubblica nel nostro territorio. Che si è proceduto a un’approfondita analisi della situazione di rischio e che sono state programmate una diversa dislocazione delle Forze di polizia e una rimodulazione dei servizi svolti finalizzata al potenziamento delle attività di prevenzione generale e di controllo coordinato del territorio, con particolare attenzione alle esigenze di sicurezza dettate dagli attuali rischi di atti terroristici”.
Intanto a Roma si è deciso di “mantenere il livello di allerta 2, quello immediatamente precedente all’attacco in corso – ha detto all’Ansa il ministro degli Interni, Angelino Alfano -. Ho poi disposto direttive per rafforzare il potenziamento di tutte le misure di sicurezza sugli obiettivi sensibili e ci saranno altre espulsioni nei confronti soggetti che hanno mostrato di non rispettare le regole del nostro Paese. Limitare gli spostamenti non è la soluzione per sconfiggere il terrorismo, ma è paura. La nostra libertà è sotto attacco, i nostri nonni l’hanno conquistata, i nostri padri difesa e noi faremo di tutto per consegnarla ai nostri figli».
Monica Adorno