Il pensiero politico economico di Alfio Franco Vinci su opere pubbliche e Via della Seta
Circola insistentemente voce che della, o del TAV ormai si parli anche nelle riunioni di condominio e nelle riunioni delle bocciofile, con livelli di conoscenza della questione di poco distanti da quelle ammannite nei talk show.
Sono stato finora in sbigottito silenzio sperando che dal mare di panzane nel quale sguazzano i tuttologi e affoghiamo noi cittadini qualunque, potesse emergere una qualche conferma delle mie modeste cognizioni, cui aggrapparsi per ripristinare una verità storica.
Finalmente ieri sera, in una trasmissione di informazione, il prof Franco Cazzola, cui mi accomuna non solo la stazza e la somiglianza fisica, è sbottato dicendo che la TAV si farà, là dove individuato il percorso, o al di là delle Alpi, perché il tracciato di collegamento Lisbona Kiev non può essere interrotto.
E allora, ognuno per il proprio livello di conoscenza e di coscienza, dica come stanno le cose e cessi questo inutile e stucchevole dibattito, buono solo a distrarre la nostra attenzione da ben più gravi ed incombenti problemi, quali, ad esempio i 600 cantieri di opere pubbliche fermi.
La TAV, o il TAV, di cui si vuole far apparire incerto non solo il destino ma perfino il genere, ha una genesi talmente lontana e motivazioni talmente cogenti, che pensare di metterne in discussione la realizzazione può solo certificare che ignoranza fa rima con supponenza ed arroganza.
L’inizio del percorso, infatti, è datato 1975 (Di Maio non era nato e Salvini aveva due anni) anno in cui gli Stati membri della CE, allora si chiamava Comunità Europea, sotto la supervisione della Commissione economica delle Nazioni Unite, stipulano un accordo finalizzato a migliorare le maggiori arterie di traffico internazionale per rendere più armonica possibile la crescita economica e sociale degli Stati membri e, più in generale del Continente europeo, prodromico alla futura piena integrazione e alla nascita della Unione Europea.
Dopo 16 anni di studi, elaborazioni e constatazione che, se non si fossero accorciate le distanze e ridotti i divari, l’omogeneità prefigurata sarebbe stata gravemente compromessa, nel 1991 (Di Maio aveva 5 anni e Salvini andava ancora a scuola) a Praga viene creato dalla conferenza paneuropea dei ministri dei trasporti, lo strumento giuridico da cui si generano i 9 corridoi che attraversano l’Europa da Nord a Sud e da Ovest ad Est, a diverse altezze, fino a creare un NET, cioè una rete, che viene infatti denominata TEN, vale a dire Trans European Network.
Il, o la, TAV è un “lotto” della Lisbona-Kiev che comunque si farà, anche se dovessimo insistere a farci del male da soli; così come si farà la Berlino-Palermo, con conseguente secondo traforo del San Gottardo, il quale, fortunatamente in assenza di Comitati di cui nessuno cerca di catturare consensi e voti, procede regolarmente.
I 9 “Corridoi”, termine che origina da “corsa, correre”, devono servire, attraverso vari mezzi di trasporto – ferroviari, via d’acqua e stradali – ad avvicinare, il più velocemente possibile, popoli ed economie. Sono stati pensati 45 anni fa e concepiti 28 anni fa da chi, forse, guardava un po’ di più alle future generazioni e un po’ meno alle prossime elezioni.
Il Presidente del Consiglio farebbe bene a non tentare di spacciare scorciatoie per corridoi; la strada statale 640, al cui completamento abbiamo diritto, così come le altre 599 opere pubbliche bloccate da questo Governo, non è l’oppio con il quale farci obliare la TAV.
Pensi piuttosto il prof Conte, prima di firmare assieme a Di Maio, l’accordo con Cina, denominato “Via della Seta” a rileggersi i classici, e in particolare l’Odissea.
I cavalli di Troia, anche con gli occhi a mandorla, sono sempre forieri di sventura.
Alfio Franco Vinci