Dopo circa 27 anni dalla sua introduzione va in pensione un primo, significativo pezzo della norma che, subito dopo la strage di Capaci, aveva inasprito le pene per mafiosi e terroristi non collaboranti, o pentiti.
Si chiamava – la coniugazione al passato a questo punto è d’obbligo – ergastolo ostativo e venne presentato come “la risposta dello Stato”, forse per coprire i molti, troppi silenzi, omissioni e anomale coperture alla guerra soft fino ad allora condotta contro la mafia.
Certamente un significativo aggravio di pena; ma va tenuto conto dei soggetti cui era applicabile, vere e proprie belve umane, un cancro per la società, capace di minare la credibilità dello Stato. Purtroppo.
La Corte Costituzionale ha deciso, anche sulla scorta di un pronunciamento della Corte Europea di Strasburgo, di dichiarare incostituzionale una parte della norma.
Dopo 27 anni!
Effetto del ricorso di Perugia o del dictum di Strasburgo?
Chi lo sa o lo saprà mai, di fatto.
Un altro pezzo di sovranità nazionale cancellato.
È come se corte di Giustizia delle Nazioni unite, la Corte internazionale di Giustizia, la CIG, intimasse agli Stati Uniti di cancellare la pena di morte.
Lo Stato italiano non ha nemmeno opposto seriamente il procedimento di Strasburgo.
Lo Stato italiano non solo non dà più risposte, ma non fa nemmeno domande.
La condizione di prona sottomissione evidentemente ha un prezzo.
So di essere ripetitivo, ma mi chiedo: “Quosque tandem abutere patientia nostra”?
Alfio Franco Vinci