Ci risiamo. Una minoranza qualificata (5?) dei componenti il Consiglio Europeo, potrà ingerirsi nella attuazione delle riforme che l’Unione europea ci imporrà a garanzia del prestito che ci verrà concesso. Il recovery fund è stato approvato e quotato.
All’Italia andranno in totale 209 miliardi di euro (su un totale di 750), di cui 82 a fondo perduto e 127 in prestito.
Condizioni per ottenere queste somme: 1) Presentare un piano di riforme che incontri il gradimento e l’approvazione della Commissione Europea; 2) Attuarle realmente, secondo il cronoprogramma che ci verrà assegnato, pena la revoca e la conseguente bancarotta.
Per come era iniziata la trattativa poteva andarci molto peggio, visto che si sono volute cercare esclusivamente soluzioni europeiste, ma quelli che ci aspettano saranno anni durissimi bagnati di lacrime e sangue.
Essendo stata abbandonata financo l’idea di un’Europa con un unico regime fiscale, previdenziale e del lavoro, mentre altri, uno per tutti l’Olanda, si godranno i frutti della propria fiscalità; o del proprio regime pensionistico, vedi Germania e Portogallo, noi dovremo:
– Aumentare la pressione fiscale per far fronte al nuovo debito;
– Impoverire ulteriormente il nostro welfare per contenere la spesa pubblica;
– Ridurre ulteriormente gli aiuti alle imprese per rispettare integralmente i trattati europei, la cui revisione è stata archiviata insieme alla unificazione fiscale e previdenziale.
In pratica, così come avvenne nel 2011, ci diranno: Cosa fare, Come farlo, In che tempi, In che modo.
Il prestito è di fatto “fino a revoca” e il contributo a fondo perduto pure.
Tale regola bancaria, se è ammessa e ammissibile nei rapporti commerciali, fin quando non dà luogo a rapporti usurai, diventa pesante da digerire nei rapporti fra Stati.
Il Governo italiano ha subito che si iscrivesse ipoteca di primo grado:
Sulla nostra sovranità nazionale;
Sul futuro dei nostri figli;
Sulla capacità di operare delle nostre imprese;
Sulla dignità di un intero popolo.
La situazione era senza via d’uscita, avendo deciso di ricercare esclusivamente quel tipo di soluzione, ma da qui a farsene vanto ne passa. Eccome se ne passa.
Non si è mai visto uno che, dopo aver subito l’onta dello Ius primae noctis, si dichiari soddisfatto di come gli è finita, o di un tacchino che partecipi ai festeggiamenti del giorno del ringraziamento; eppure stamani ascoltando le notizie in televisione ho avuto questa sgradevole sensazione.
Povera Italia.
Alfio Franco Vinci