Bancarelle colorate ripiene di torroni, caramelle, bastoni dolci. L’odore delle arachidi caramellate e dello zucchero a velo riempie il cielo sopra una folla, di persone e candelore, in un punto qualsiasi del tragitto che candelore e fercolo di Sant’Agata percorrono ogni anno, nei tre giorni clou della festa più grande che la Sicilia possa vantare e la terza per partecipazione nel mondo. Farsi strada tra la folla è una missione strategica e poter guardare, dall’alto di un balcone amico, la processione è una conquista.
In un cassetto della memoria c’è tutto il significato della nostra festa e l’emozione immensa che si prova durante la Messa dell’Aurora, se si ha la fortuna di conquistare un posto sotto l’altare. Da lì giri le spalle al Signore e mentre il Sacello si apre lo sguardo compie mezzo giro verso un fiume bianco che riempie le navate, la piazza e la via Garibaldi. Come un fiume, non ha fine quella folla e non ha confini quel canto con cui Catania accoglie Agata, di nuovo ogni anno, per la prima volta, toccando il cuore di chi ascolta. Nel profondo.
Questi sono solo cari ricordi di emozioni centellinate in anni e anni di confortante tradizione, forte della certezza che Catania avrebbe festeggiato Sant’Agata sempre e comunque. E sempre e comunque è stato in questo e in quell’altro secolo. Fatta eccezione per il 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, e oggi, nel 2021, per questa assurda, inimmaginabile ma più che reale pandemia.
Quest’anno la festa non è festa. Sant’Agata non uscirà, i fuochi del tre saranno solo il ricordo delle edizioni passate e vale lo stesso per qualunque processione o salita, dagli Archi della Marina ai Capuccini, dai fuochi del Borgo all’ennesimo filo da sciogliere sulla salita di Sangiuliano senza dimenticare il canto fatato delle clarisse che, di anno in anno, raggiunge e supera quella luce dell’aurora che tradizione imporrebbe.
Ma se non c’è la festa che toglie forze e fiato a chi porta il fercolo, di certo c’è Lei, c’è Sant’Agata, che guarda la sua Catania e i suoi devoti, perché a Catania siamo-tutti-devoti-tutti è un mantra così forte che supera di molte misure persino il mitico “unn’è gghiunta a Santa?”.
Questo cavolo di virus ci ha tolto libertà e tradizioni, a quanto pare, e poco importa che il mondo intero faccia gli stessi conti con lo stesso oste. Per quanto giusto o corretto sia, fa un po’ male al cuore, e all’economia, dover aspettare un altro anno. Anche se forse, chissà, usando bene mascherine, distanziamento e vaccini riusciremo a giocarci la carta estiva e a celebrare in modo assolutamente nuovo e innovativo Sant’Agata d’agosto.
In questi giorni chi vuole seguire le celebrazioni per Sant’Agata potrà farlo tramite lo streaming sui social, le televisioni locali o le messe di quartiere. Non è moltissimo, ma si sa… di necessità virtù.
E poi è sempre “Viva Sant’Agata!”.
Monica Adorno