La regista giapponese Naomi Kawase, detta anche Sento dal cognome dell’ex marito fino al 2000, è nata nel 1969 e fu abbandonata dai suoi genitori e cresciuta dai nonni materni. Un’adolescenza difficile quindi che si riflette in quasi tutti i suoi lavori dedicati ai temi della genitorialità ed alla ricerca di un parente o di un affetto. True mothers segue questa scia ma allarga o restringe, a seconda dei punti di vista, il punto focale della trama sull’individuazione della vera madre: lo è chi ha partorito il bambino? Oppure chi l’ha cresciuto? Oppure, come in questo caso, esiste anche una terza figura che può essere identificata come madre? Cioè colei che ha permesso alla madre biologica, che non poteva tenere il bambino, di darlo alla madre che ha cresciuto il bambino e che non poteva averne di suoi.
Questa terza figura nel film/documentario della Kawase, viene identificata con un’agenzia di adozione “Baby Baton” che ricorda un po’ una casa-famiglia che aiuta le future mamme in un momento così delicato della loro vita. È diretta da una donna che vive questo incarico più come una missione che come un lavoro e che ha scelto la sede di questa agenzia in un posto bellissimo e suggestivo, vicino al mare di Hiroshima dove i tramonti regalano colori ed emozioni indimenticabili. Un posto che è una sorta di inno alla bellezza naturale nel quale le donne incinta, che non possono tenere il loro bambino, possono vivere buona parte della gravidanza. Ma è anche un posto che favorisce il parto anonimo.
Qual è la particolarità di questo film? Non si ha un’idea percepibile e coerente con la normalità a cui siamo abituati secondo cui la madre di un bambino è colei che lo cresce. In True mothers questa convinzione perde pezzi, lentamente, seguendo il racconto di queste tre figure ognuna, in sé, importante e fondamentale. Così, a piccoli passi, il film racconta la loro storia e lo fa partendo dalla madre adottiva Satoko, custode di tutti i pianti, sorrisi e sospiri del bambino ma anche moglie a cui la natura aveva imposto un no pesante come la roccia che la stava portando al divorzio. Salvo poi trovare la svolta nelle possibilità offerte dalla “Baby Baton” che impone alcune regole: Non si può scegliere il sesso, ma si può indicarne il nome e uno dei genitori non potrà lavorare. Sakoro su richiesta sceglie di conoscere la madre naturale Hikari e in cambio le rivela che il bambino si chiamerà Asato.
L’aspetto bellissimo del film è il mantenere una lentezza e una gradualità che segue il ritmo della gravidanza della crescita e della conoscenza di Asato e delle sue vere madri.
True mothers esce oggi nelle sale e ciò che il lavoro di Naomi Kawase racconta è davvero molto di più rispetto al poco che abbiamo svelato. Ci sono tre, anzi quattro vite da scoprire e una verità da condividere, il tutto immerso nella magia dei tramonti giapponesi.
Massimo Adorno
Scheda tecnica
Distribuito da Kitchen Film, ‘True Mothers’, lungometraggio scritto e diretto da Naomi Kawase (Suzaku, Le ricette della signora Toku; Futatsume no mado; Mogari no mori), liberamente ispirato al romanzo ‘Asa ga Kuru’ di Mizuki Tsujimura. ‘True Mothers’ (139 minuti) è stato scelto nel 2020 per rappresentare il Giappone ai Premi Oscar.
Il film, interpretato da Arata Iura, Hiromi Nagasaku, Taketo Tanaka, Aju Makita e Miyoko Asada è co-sceneggiato da Izumi Takahashi e si avvale della musica di Akira Kosemura e An Tôn Thât, della direzione della fotografia di Yuta Tsukinaga e Naoki Sakakibara e del montaggio di Tina Baz, Yoichi Shibuya e Roman Dymny.